Pubblicità online: guerra di dati tra AgCom e Nielsen-Assointernet

L’ Authority stima 1 miliardo e 578 milioni di investimenti pubblicitari sul web in Italia, nel 2011, mentre Nielsen-Assointernet parla di 635 milioni di euro –  I diversi metodi di rilevazione

 

 

 

di Paolo Pozzi

 

Quando il metodo di una ricerca fa la differenza.

 

Ci sono numeri ballerini sui ricavi da investimenti pubblicitari su Internet. La guerra di dati è nientemeno che tra Agcom (l’Authority per le comunicazioni) e Nielsen Media Research-Assointernet.

 

La “Relazione annuale 2012” pubblicata dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni segnala, nel 2011 (vedi qui sotto), ricavi da pubblicità nazionale e locale sulla Rete per  1 miliardo e 578,40 milioni di euro (1 miliardo e 9,3 milioni la sola raccolta nazionale). Al punto che, con un dato di questo tipo, l’ incremento della pubblicità sul web risulterebbe aver fatto un balzo del 34,1% rispetto al 2010 (quando si era registrato un totale di 1.177,29 milioni, sempre secondo AgCom).

 

 

Ben differenti, invece, i numeri forniti nel Rapporto Nielsen (in collaborazione con Fcp-Assointernet) sul mercato pubblicitario online del 2011, che indicano 635 milioni e 604mila euro d’ investimenti,  con un incremento del 12,2% (rispetto ai 565,8 milioni registrati nel 2010) (tabella qui sotto).

 

 

Una differenza di 943 milioni di euro (tra i due totali e comunque 373,7 milioni di differenza anche solo rispetto al dato nazionale AgCom), mica poco!

 

Il fatto è che hanno ragione tutt’e due gli istituti. Con una premessa fondamentale, però: i dati AgCom sono ‘stime’, i dati Nielsen sono calcolati sui fatturati. Ma la vera spiegazione tecnica è soprattutto nella differenza del metodo di rilevazione: AgCom, nella raccolta e composizione dei dati, ha rilevato anche le concessionarie di pubblicità di Google e Facebook (che insieme farebbero circa 440 milioni), Nielsen no.

 

In più AgCom ha incluso nel totale anche la pubblicità online locale e, soprattutto, quella sugli annuari e guide, le cosiddette directories, che ammonterebbero a 569 milioni. Così – e solo così – alla fine i conti tornano. Ma i metodi di rilevamento sono decisamente differenti fra loro e fuorvianti rispetto alla realtà del mercato della pubblicità online.

 

Basta dirlo.