Informazione online: meno pubblico, più pubblici

Le versioni online dei quotidiani tradizionali registrano rispetto alle testate all digital un livello di diffusione e un grado di condivisione sui tre principali social network (Facebook, Twitter e Google+) nettamente superiore, con un rapporto che si attesta in generale sul  5:1.

Sia per la versione digitale dei giornali stampati che per le testate digitali ‘’native’’ è Facebook la rete sociale che genera il maggior numero di condivisioni. Mentre assolutamente irrilevante sembra il valore di Google Plus.

 

 

Sono i principali risultati dell’ approfondimento di una indagine sul ruolo e il peso delle reti sociali per le principali testate di informazione del nostro paese che Pierluca Santoro aveva  elaborato qualche giorno fa partendo dai dati Audiweb di Febbraio (in collaborazione con Human Highway , società di ricerche di mercato tutta italiana a dispetto del nome) e che aveva suscitato un grande interesse. Ora Santoro ha approfondito quei dati (‘’Disastri quotidiani’’),  provando, grazie a UAC Meter, strumento di misurazione della social popularity delle notizie messo a punto dall’istituto di ricerca, ‘’a dare elementi di razionalità ad un dibattito di assoluta rilevanza per l’ ecosistema dell’ informazione nostrana’’.

 

Come si vede dalla tabella qui accanto (cliccare per ingrandire), il dettaglio delle diverse testate prese in considerazione dalla ricerca – spiega Santoro – mette in evidenza che a pesare però sono più gli aspetti qualitativi che non quelli quantitativi. In particolare è lo “sharing through” [°], l’indice di partecipazione che abbiamo voluto verificare, che evidenzia come non vi sia una correlazione diretta tra followers o fans e neppure con gli utenti unici.

 

Si evince infatti, ed è questo forse uno degli aspetti di maggior valore dell’elaborazione, come pubblici, gruppi di persone distinti con interessi, molto probabilmente, altrettanto distinti abbiano stili di partecipazione che sono estremamente distanti tra loro.

 

Un aspetto che, a titolo esemplificativo, si può verificare con chiarezza nelle differenze che emergono tra «Il Fatto Quotidiano» e « La Repubblica» che pur avendo un numero di fans su Facebook e di followers su Twitter quasi pari , come mostra la tabella di sintesi sottostante, hanno invece  inice di partecipazione molto diverso.

 

Se per testate quali «Il Sole24Ore» – osserva Santoro – il divario tra interesse nei confronti della testata, in termini di utenti unici, ed adesione e condivisione all’interno dei social media può forse essere spiegato con una certa tradizionalità del pubblico di riferimento, è evidente che nel caso dei portali si tratta invece di una mancanza di attenzione a queste leve da parte dei responsabili.

 


Ad esclusione di «Lettera43» sono i “superblog”, i quotidiani all digital, ad avere l’indice di partecipazione più elevato. Un dato che incrementa l’ottimismo dopo due mesi di rilevazioni Audiweb che segnalano tassi di crescita a doppia cifra e che dovrebbe incentivare queste testate ad una partecipazione maggiore rispetto all’attuale, davvero scarsa, alla conversazione ed al coinvolgimento delle persone attraverso le reti sociali.

 

Dall’altro lato è evidente, fatto salvo quanto sin qui proposto, che le grandi testate tradizionali non hanno ancora padronanza dei meccanismi e delle modalità di coinvolgimento nella relazione con le persone attraverso i social media.

 

L’interazione delle persone, il “word of mouth” virtuale esercitato attraverso le diverse piattaforme di social networking, e tutti i fenomeni ad esso collegati – conclude Santoro -, ha cambiato e continuerà a cambiare inevitabilmente l’attuale modalità di diffusione delle notizie che saranno sempre meno divulgate anonimamente ad una massa eterogenea di soggetti, sempre più diffuse attraverso l’interazione delle persone in funzione del livello di fiducia di cui queste persone godono tra i membri della propria comunità virtuale [e non].

 

AGGIORNAMENTO:

 

Santoro ha pubblicato stamani i dati completi della ricerca – che sono scaricabili su Slidesharein un post in cui aggiorna ance le conclusioni a cui è possibile arrivare:

 

In prospettiva, a medio-lungo termine, ritengo che resteranno pochi giornali generalisti in grado di fare grandi volumi di traffico a livello internazionale, magari risolvendo da qui ad allora qualche “problemino“; per gli altri sarà d’obbligo la specializzazione, la focalizzazione su interessi specifici delle persone e la capacità di coinvolgere e realizzare una comunità attorno a questi interessi.