Data journalism: #DetenutoIgnoto, un Twitter-osservatorio sulle morti nelle carceri italiane

Da una costola di Patrie Galere – la mappa delle carceri italiane realizzata da Jacopo Ottaviani e pubblicata da IlFattoQuotidiano.it lo scorso maggio – nasce #DetenutoIgnoto, un Twitter-Osservatorio che a cadenza regolare rilancia automaticamente i dati aggiornati sulle morti nelle carceri italiane.

In particolare, l’hashtag #DetenutoIgnoto (che riprende il nome dell’Associazione Radicale impegnata da anni per il rispetto dei diritti umani e la riforma del sistema giudiziario) diffonde in tempo reale le notizie sotto forma di tweet, pescando automaticamente  dal foglio di calcolo elettronico alla base del bollettino di aggiornamento della rivista Ristretti Orizzonti, che copre la situazione carceraria italiana dal 2002.

 

 

di Andrea Fama

 

I tweet trasmettono i casi di decesso riportando la data, il luogo, l’identità e la causa di morte. Ad esempio, lo scorso 5 agosto un tweet riportava il seguente record:  “Di Nunzio Valentino, 28 anni, muore nel carcere di Teramo. Causa: SUICIDIO”. Ma oltre alle notizie dei singoli decessi l’osservatorio dirama, a cadenza regolare, varie statistiche che interessano lo stato delle prigioni italiane. Da un tweet del 26 agosto, ad esempio, si apprende che “Finora, nel 2012, 37 detenuti si sono tolti la vita”.

 

Il progetto ha due anime, una sociale e l’altra tecnologica, perfettamente integrate tra esse.

 

Attraverso le tecnologie del web sociale, infatti, l’osservatorio si pone quale opera di informazione e denuncia e intende mostrare il fenomeno delle morti in carcere da una prospettiva reale, facendo emergere dall’anonima natura delle cifre l’identità delle persone morte dietro le sbarre, nonché generando numeri utili a scattare una fotografia globale della situazione corrente.

 

Dal punto di vista tecnologico, il progetto si basa su una parte di scraping realizzata con ScraperWiki, che riprende i dati dal sito di Ristretti Orizzonti e li trasforma in RSS, un formato “maneggiabile” da Twitter. I tweet vengono generati automaticamente e a intervallo regolare confluiscono negli account del network dei Radicali, in particolare su quello di FaiNotizia.it. L’idea di fondo è quella di tracciare la conversazione e l’impatto delle notizie sul social network attraverso l’uso di un hashtag che porta il nome della campagna: #DetenutoIgnoto.

 

Insomma, un progetto utile e innovativo, come finalmente se ne iniziano a vedere anche in Italia, spesso grazie alle idee e alle competenze di giovani giornalisti perfettamente a proprio agio nella dimensione digitale, pronti a cogliere e sperimentare le nuove opportunità di informazione che essa offre.

 

Un po’ meno pronti e tempestivi, invece, spesso sono gli editori, le redazioni, le rappresentanze giornalistiche in genere. Secondo l’esperienza di Ottaviani, infatti, “nel caso di #DetenutoIgnoto i Radicali si sono lasciati coinvolgere con molto entusiasmo, anche perchè il progetto tocca tematiche a loro sensibili quali Giustizia, Trasparenza, Informazione”. Più tribolato, invece, è stato il percorso pubblico di Patrie Galere, a dimostrazione che “generalmente i giornali italiani – tranne rare eccezioni – restano indietro, e difficilmente finanziano simili progetti. Allo stesso tempo”, continua Ottaviani, “è impossibile rimanere fermi perché online l’informazione corre di pari passo alla tecnologia ed è facile essere superati da chi offre informazione di qualità, sviluppata anche attraverso strumenti innovativi”.

 

A tale proposito, la pietra di paragone più immediata ce la fornisce il panorama mediatico inglese, che con il Guardian, ad esempio, ha fatto del digitale e dell’uso di dati e nuove tecnologie la filosofia portante della testata (che tra l’altro, dopo aver dato notizia di Patrie Galere, ha subito realizzato con lo stesso Ottaviani un progetto simile, denominato “Suicide in English and Welsh Prisons: 10 years of data mapped”. Modalità e tempi di reazione decisamente diversi da quelli del mercato italiano).

 

Secondo Ottaviani, oltre all’approccio cultural-manageriale, una differenza fondamentale tra Italia e Gran Bretagna risiede nei “rapporti tra cittadinanza, media e istituzioni, che in UK sono regolati da uno strumento vitale per la democrazia e prezioso per la professione giornalistica: il Freedom of Information Act, una legge che regolamenta e incentiva la trasparenza e il rilascio di dati e informazioni del settore pubblico. In particolare, nel settore della Giustizia, come già raccontato su un articolo apparso sul blog FQ Londra, nel Regno Unito il sito Justice.gov.uk – a differenza dell’omologo Giustizia.gov.it – rilascia bollettini statistici in formato open data (in particolare Excel) su cui i giornalisti possono basare le proprie inchieste. Uno strumento essenziale per i media per denunciare il problema alla pubblica opinione. In Italia, invece, bisogna rifarsi alle associazioni che portano avanti un lavoro titanico, spesso volontario”.