Pubblicità: i quotidiani Usa ricavano 3 volte più del loro share

Mutter

Mentre la tv raccoglie il 43% della torta pubblicitaria col 43% del tempo ad essa dedicata, alla carta stampata va il 17% degli investimenti globali contro il 5% del tempo che i cittadini impiegano nei media – Un’ analisi di eMarketer – Che cosa succederebbe  se gli inserzionisti cominciassero a chiedersi perché spendere tanto sui quotidiani quando potrebbero con molti meno soldi raggiungere la massa crescente di utenti del web, del ‘mobile’ e dei social media?

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Anche se i quotidiani hanno perso circa metà dei loro ricavi pubblicitari negli ultimi cinque anni, alcuni analisti ritengono che essi stanno intascando ancora tre volte in più di quello che il loro bacino di lettori dovrebbe consentire.

Questa ‘’buona/cattiva notizia’’, come la definisce Alan D. Mutter in una delle sue Reflections of a Newsosaur, viene dai dati raccolti da eMarketer, una società specializzata nell’ analisi del marketing digitale.

In una ricerca diffusa nei giorni scorsi, eMarketer ha comparato l’ ammontare del tempo che i cittadini dedicano ai vari tipi di media con le percentuali degli investimenti pubblicitari in ciascun settore mediatico.

La televisione, ad esempio, raccoglie circa il 43% del tempo che gli americani dedicano ai media e circa il 43% della torta pubblicitaria. Cosa che suona corretta.

I quotidiani, invece, intascano ricavi pubblicitari tre volte superiori a quello che il tempo ad essi dedicato farebbe astrattamente supporre.

Anche se i cittadini impiegano uno scarso 5% del loro tempo mediatico con i quotidiani cartacei, questi ultimi incassano invece il 17% degli investimenti pubblicitari globali.

E, come si vede dalla tabella, la situazione è identica nel caso dei magazine.

Dal momento che la torta pubblicitaria è quella, la stampa trae beneficio da questa situazione a spese di altri. E due vittime evidenti, in questo caso, sono internet e la pubblicità sul ‘mobile’ .

Per quanto riguarda quest’ ultimo settore, esso raccoglie per ora solo lo 0,5% della spesa pubblicitaria contro l’ 8% di tempo ad esso dedicato; mentre per Internet, di fronte alla percentuale del 25% dell’ ammontare di tempo, esso ricava solo il 19% degli investimenti pubblicitari.

E’ una buona notizia per gli editori della carta stampata perché prova che essi hanno fatto un ottimo lavoro per convincere gli inserzionisti del valore del loro medium.  E sono stati bravi a dissimulare la loro dissimmetria rispetto agli altri media.

Ma può essere anche una notizia negativa per gli editori perché rappresenta una formidabile minaccia: che cosa succederebbe se gli inserzionisti cominciassero a chiedersi perché spendere tanto sui quotidiani quando potrebbero con molti meno soldi raggiungere la crescente audience del web, del ‘mobile’ e dei social media?

La risposta, naturalmente, è nota. La spesa pubblicitaria è crollata dai 49,4 miliardi di dollari del 2005 a 25.8 miliardi di dollari nel 2010. Nonostante una modesta crescita economica che ha incrementato i ricavi pubblicitari per la gran parte degli altri media, gli editori lamentano che le vendite degli spazi pubblicitari nel primo trimestre di quest’ anno sono state più basse rispetto all’ anno scorso.

Se gli editori non riescono a campetere con i loro concorrenti digitali, la sconcertante erosione della pubblicità negli ultimo cinque anni potrebbe preludere a qualcosa di ancora peggiore.