Giornalisti in Francia, meno numerosi, più ‘’vecchi’’ e più precari

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Per la prima volta diminuisce in Francia il numero di giornalisti professionali, passati da 37.904 del 2009 a 37.415 – Il settore digitale conta il 2,9%, e l’ accesso alla professione (le nuove domande di Carte de presse, il documento che sancisce lo status di giornalista professionale) attraverso l’ online  è balzato dal 3,9% del 2009 al 10,5% del 2010 – Cresce l’ età media, aumenta la presenza femminile e si allarga la ‘’precarizzazione’’ (in un triennio raddoppiano i contratti a tempo determinato, mentre il numero dei ‘’pigistes’’ calano lievemente dopo essere cresciuti del 10,5% in nove anni) – Mentre sul piano del reddito i giornalisti a tempo determinato e i freelance guadagnano rispettivamente il 67,3% e il 60,4% dei colleghi a tempo indeterminato – Una ricerca dell’ Observatoire des métiers de presse

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Per la prima volta dopo 10 anni, nel 2010 il numero di giornalisti professionali in Francia è calato mentre la professione Oltralpe conosce un invecchiamento dei propri effettivi e una crescente precarizzazione.

E’ il quadro delineato da uno Studio condotto dall’ Observatoire des métiers de la presse, sulla base dei dati forniti dalla Commission de la Carte d’Identité des Journalistes Professionnels (CCIJP), un organismo pubblico che sancisce ufficialmente lo stato professionale di giornalista concedendo la relativa Carte de presse, il tesserino professionale, ai giornalisti che vivono unicamente o prevalentemente di giornalismo.

I dati

Dopo una progressione costante del loro numero a partire dal 2000 (quando erano 33.314), alla fine del 2010 i giornalisti in Francia erano 37.415, cioè l’ 1,31% in meno del 2009 (37.904).

I contratti – Nella tabella qui sotto l’ andamento dei contratti a tempo indeterminato (CDI) e di quelli a tempo determinato (CDD) e di ‘pige’ (collaborazione esterna). Negli ultimi tre anni i primi passano da 29.268  a 28.059, mentre i secondi crescono da 6.837 a 7.495.

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Il reddito – Nella tabella qui sotto i salari mensili lordi medi e mediani nelle tre categorie contrattuali.

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Come si vede i giornalisti con contratti a tempo determinato guadagnano in media il 67,3% di quelli a tempo indeterminato e i ‘pigistes’ ricevono un salario pari al 60,4% di quelli con CDI.

Carta e altro – Il 58,4% lavorano nei giornali tradizionali,  l’ 8,6% nelle agenzie, l’ 11,8% per la televisioni. La radio ne impiega il 6,7% e il settore digitale il 2,9%.

Se l’ ingresso nella professione continua ad essere dominato dal settore cartaceo (46,7%), la proporzione di nuovi giornalisti che entrano nella professione via internet è fortemente cresciuto, passando dal 3,9% del 2009 al 10,5% del 2010. Una percentuale destinata a salire ancora – osserva ActuVoila.fr – perché la rilevazione non tiene conto di tutti quei giovani giornalisti che non hanno, o non hanno ancora la Carte de presse, il tesserino ufficiale.

Età – Per quanto riguarda l’ età media, essa è lievemente cresciuta, attestandosi ai 42,3 anni contro i 42,2 del 2009, mentre era di 40,5 anni nel 2000.

Il grosso dei giornalisti si situa nella fasci d’ età 45-59 anni, che raccoglie il 34,6% della professione. Quelli con meno di 26 anni sono il 4,6% e quelli oltre i 60 anni sono il 5,5%. Fascia, quest’ ultima, in progressione continua, indicando che si va in pensione sempre più tardi.

Precarietà – Come in altri settori professionali, la precarietà è in aumento visto che in due anni è più che raddoppiato il numero dei Contratti a tempo determinato (CDD), passando da 628 del 2008 ai 1399 del 2010. Il numero di ‘’pigistes’’ (freelance, giornalisti con contratti di collaborazione esterna) è passato da 5.711 nel 2001 a 6.311 nel 2009, ma scendendo a 6.096 l’ anno scorso (meno 3,5%).

Crescono le donne – Per quanto riguarda il genere, lo studio mostra l’ aumento della presenza femminile: le donne rappresentano il 44,9% del totale, con un aumento del 5% rispetto al 2000, quando rappresentavano il 39,9% della professione ufficiale.

La tendenza si accentua: se si guarda per fasce d’ età, le giornaliste sono già diventate maggioritarie, col 53%, nella fascia 26-34 anni, e più ancora nel segmento di meno di 26 anni dove le donne costituiscono il 57% del totale.

Le scuole – Anche in Francia, nonostante i dati poco incoraggianti di un settore in piena crisi economica, la stampa continua a suscitare continue vocazioni. ‘’Paradossalmente, le scuole riconosciute vedono un record storico di candidati’’, sottolineano gli autori dello studio, precisando che il solo Centro di Formazione giornalistica di Parigi ha registrato una crescita del 13% del numero dei candidati, con 949 domande nel 2010.

Una professione malata?

Un calo preoccupante? Si chiedeva su MediaTrend Marc Mentré, giornalista dal 1974 e responsabile della sezione Giornalismo dell’ École des métiers de l’information (EMI-CFD ), ricordando come già due anni fa, in occasione del precedente Rapporto, avesse parlato di ‘’professione malata’’.

In primo luogo, sostiene Mentré, guardando a un periodo ampio – dal 1975 al 2010 – la professione, come mostra il grafico qui sotto, ha creato un gran numero di posti di lavoro:

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Secondo punto: se si esamina la tendenza, su un periodo più breve – un decennio – il giornalismo resta una professione in crescita, ma si tratta di una crescita debole. In rapporto al 2000, la Francia conta solo 4.000 giornalisti in più. Non è un brutto risultato se si pensa che nel 2000 la Commissione delle Carte de presse contava 33.314 giornalisti, che nel 2010 erano diventati 37.415.

Ma all’ interno di questo periodo bisogna distinguere tre fasi (come si può vedere dal grafico qui sotto, ‘’modificato per far emergere meglio i dati’’, spiega Mentré):

  • 2000-2002, crescita continua e sostanziosa, con circa 1.000 giornalisti in più all’ anno.
  • 2003-2007, fase di ‘’rallentamento’’, in cui l’ aumento annuale si dimezza rispetto alla fase precedente.
  • 2008-2010, che si può chiamare periodo di ‘’crisi’’, in cui il numero di giornalisti non aumenta o, come nel 2010, diminuisce.

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Ma, chiede Mentré, perché diminuisce? Uno dei motivi può essere il fatto che il numero dei nuovi ingressi nella professione diminuisce, come mostra il grafico qui sotto con i dati sul numero delle concessioni delle Carte per la prima volta. A parte un lieve sussulto nel 2006-2007, la curva è senza equivoci: col passare degli anni il numero delle nuove domande di Carta diminuisce costantemente.

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A questo punto si pongono altre due questioni: i media creano ancora dei posti di lavoro? La professione attira ancora i giovani?

Rispetto alla prima domanda, ci sono due elementi:

1)      In Francia la ‘’carta’’ resta il primo settore di impiego per i giornalisti, ma la proporzione è in costante diminuzione. Nel 1990 registrava il 75% degli addetti, nel 2010 la percentuale scende al 68%. Parallelamente l’ audiovisivo, un altro grande settore di attività –  ha creato certamente dei posti di lavoro, ma non sufficienti per coprire l’ andamento negativo della carta. La radio, per esempio, ha creato 489 posti di lavoro, ma il dato è relativo all’ intero arco del periodo esaminato, cioè dal 2000 al 2010, e su una quantità poco significativa visto che si è passati da 2.376 giornalisti nel 2000 a 2.865 nel 2010. Anno in cui la carta impiegava un numero di giornalisti 10 volte maggiore: 25.461.

2)      Un’ altra statistica sembra essere ancora più rivelatrice: si tratta della percentuale dei giornalisti che hanno ricevuto la Carta per la prima volta/per tipo di piattaforma. I dati mostrano il ‘’crollo’’ della carta, che assume sempre meno giovani, pur essendo il principale datore di lavoro in Francia.

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La debolezza dell’ offerta si rivela anche attraverso  un’ altra fonte statistica, quella relativa all’ aumento dei contratti di lavoro a tempo determinato (CDD). Mentre il numero dei freelance (pigistes) è più o meno stabile, sui 6.000 giornalisti, nell’ arco di un decennio, il numero dei CDD ha conosciuto una esplosione dopo il 2008, rafforzando la precarietà all’ ingresso della professione.

Perché, precisano gli autori del rapporto,

Il tempo determinato e le collaborazioni autonome rappresentano più del 60% dei contratti proposti ai giornalisti professionali ufficiali con  meno di 26 anni, una percentuale in aumento del 10% rispetto all’ anno precedente (quando erano il 49,7% di quella classe d’ età).

Questa proporzione resta elevata anche per la classe d’ età 26-34 anni, dal momento che i contratti di questo tipo interessano quasi il 30% dei professionali (27,2% nel 2009).

Per completezza bisogna aggiungere – è il corollario – che i contratti a tempo indeterminato (CDI) sono precipitati per i giovani di meno di 26 anni, fascia in cui ora rappresentano attorno del 39,9% dei contratti, contro il 59,8% del 2008!

Per i giovani della fascia d’ età 26-34 anni le cose vanno un po’ meglio perché per loro, nel 2010, il 70,7% dei contratti  di lavoro sono a tempo indeterminato (CDI). Un dato che comunque è anche in regressione, visto che nel 2008 la percentuale era del 75,1%.

Per completare l’ opera di scoraggiamento dei giovani che desiderano fare questo lavoro, resta la questione dei redditi. Qui sotto un grafico che fa la comparazione dei salari fra assunti a tempo indeterminato (CDI) e precari, tenendo conto naturalmente che questi ultimi (freelance e CDD) sono in generale più giovani dei colleghi a tempo indeterminato (CDI).

Francia-tabella7Documentazione utile: