La Tunisia chiede spazio per i nuovi media

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Il racconto di Fahem Boukkadous, un giornalista tunisino che ha sfidato a viso aperto la repressione di Ben Alì (tanto da essere spesso imprigionato) e che ora guarda con ansia al futuro dell’ informazione –  ‘’E’ vero che gli ex giornali e tv di regime sono cambiati, si sono aperti’’, ha raccontato  ad Amisnet, ‘’ma è anche vero che si tratta degli stessi giornalisti di prima. Per cui è una situazione scivolosa: siamo sempre di fronte ai giornalisti populisti di un tempo’’

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“E’ chiaro che la libertà di espressione, la libertà di stampa è il primo risultato di questa rivoluzione. Ma per noi giornalisti la situazione della stampa non è cambiata totalmente …come vorremmo. Ci sono decine di giornalisti che hanno fatto richiesta per l’apertura di nuovi media, giornali, radio, televisioni, ma per il momento non sono ancora riusciti ad ottenerli. Le autorità non hanno dato risposte’’.

E’ il racconto di Fahem Boukkadous, un giornalista televisivo tunisino arrestato più volte durante il regime di Ben Alì per i suoi reportage di denuncia, raccolto da Amisnet in una intervista sull’ evoluzione della situazione dell’ informazione in Tunisia raccolta da Amisnet .

L’ultima volta che Boukkadous è entrato in cella è stato nel luglio del 2010 per  una condanna a 4 anni di reclusione e l’accusa di attività sovversiva. Colpevole di aver coperto la rivolta mineraria che nel 2008 attraversò per sei mesi la zona di Gafsa, il giornalista è stato liberato dopo la fuga di Ben Alì.

‘’E’ vero che gli ex giornali e tv di regime sono cambiati, si sono aperti – racconta ai microfoni di Amisnet -, ma è anche vero che si tratta degli stessi giornalisti di prima. Per cui è una situazione scivolosa: siamo sempre di fronte ai giornalisti populisti di un tempo. E’ per questo che con un gruppo di giornalisti indipendenti che hanno lottato durante gli anni della dittatura contro il regime, abbiamo fondato un’organizzazione che si chiama ‘’Il popolo di tunisi per la libertà di stampa’’. Quello che chiediamo è la nascita di nuovi media perché non abbiamo fiducia in quelli attuali.”