La stampa, la verità e la parentesi Gutenberg

GutenbergLa rivoluzione digitale è letteralmente una rivoluzione: nel senso che non ci porta in un tempo futuro, ma ci riporta al passato, a prima della stampa e del primato del libro come supporto di verità. L’ era della stampa quindi non sarebbe altro che una parentesi, la ‘’parentesi Gutenberg’’ – Lo sostiene un professore di letteratura inglese della University of Southern Denmark – ”Ora che la parentesi è chiusa, i giornali dovranno farsi in qualche modo  un nuovo  posto in questo caos comunicazionale dove è difficile decidere sul livello, lo statuto, il valore del messaggio solo in base alla sua semplice forma. L’ essere stampato non è più una garanzia di verità. E il discorso orale non è più sinonimo di errore. I giornali e la stampa dovranno trovare altri segnali, un altro cammino in mezzo a tutto ciò’’ – Quello che forse, osserva Internetactu.fr, facciamo già riscoprendo una soluzione arcaica: non è il supporto che assicura fiducia, ma l’ interlocutore, colui che ‘’parla’’.

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La rivoluzione digitale è letteralmente una rivoluzione: nel senso che ci porta non in un tempo futuro, ma ci riporta al passato a prima della stampa e del primato del libro come supporto di verità. L’ era della stampa quindi sarebbe stata solo una parentesi, la ‘’parentesi Gutenberg’’, appunto.

E’ così che un professore di letteratura inglese della University of Southern Denmark, Thomas Pettitt, spiega la sua teoria.

In una intervista di alcuni mesi fa al Nieman Journalism Lab (mavisto solo in questi giorni per merito di Internet.actu, che le ha dedicato un ampio articolo,– da noi ne aveva parlato, vediamo ora, solo Pangea, nel giugno scorso) Thomas Pettitt osserva (intervista originale e video sono qui):

La grande rivoluzione della stampa ha cambiato molte cose, ed era legata a dei grandi cambiamenti che si svolgevano altrove – per esempio nel modo con cui guardavamo il mondo e con cui categorizzavamo le cose del mondo. La stessa cosa si verifica ora e noi viviamo la stessa rivoluzione dell’ epoca di Gutenberg, ma in senso inverso, e quindi possiamo predire quello che accadrà. Insomma si avanza verso il passato.

Se faccio riferimento a  elementi come la verità o l’ affidabilità di quello che circola nei media, debbo pensare che ci troviamo in un brutto passaggio. Prima c’ era una gerarchia. Durante questa parentesi (la parentesi Gutenberg), le persone facevano riferimento a delle categorie – soprattutto in quello che leggevano. L’ idea era che nei libri si trovava la verità. Un libro è solido, ci si può fidare, c’ è qualcuno di intelligente che lo ha scritto. Di quelle parole, le parole stampate – in belle e dritte colonne, con dei bei caratteri – ci si poteva fidare. E’ l’ idea che ha prevalso in tutto questo periodo.

I libri in brossura era già meno affidabili e, quanto ai giornali, essi lo erano ancora meno. E le voci che si sentivano per strada non lo erano affatto. Si sapeva dove si era – o, piuttosto, si pensava di sapere dove si era. Perché, in verità, non si poteva assolutamente accordare a quei libri un credito maggiore rispetto alle voci che si sentivano circolare per strada.

Dico spesso ai miei studenti che dovrebbero cominciare i loro corsi di letteratura stracciando un libro. Prendete un libro, un libro d’ occasione, e fatelo a pezzi. Vedrete che non è fatto altro che di colla e rilegatura. Che non è invulnerabile. E’ stato fabbricato da qualcuno. E non  è per forza la verità solo perché ne ha l’ aria.

E’ quello che accade oggi. Le categoria spariscono. I messaggi informali cominciano a prendere la forma del libro. E i libri vengono fabbricati sempre più velocemente. Alcuni libri sembrano delle fotocopie incollate le une alle altre. Tutti possono fare un libro. Non si può più giurare su quello che c’ è dentro, non si può più fare la distinzione fra ciò che è in un libro – che costituirebbe la verità – e quello che è contenuto nel discorso orale – e che sarebbe meno affidabile. Oggi non si sa più dove si è.

E la stampa, il giornalismo e i giornali devono trovare la loro strada. Dovranno scoprire dei modi per distinguersi – oggi si vive in un mondo in cui le forme di comunicazione si mescolano. Le persone non crederanno più come a un postulato che una cosa è vera perché è scritta nel giornale. Si sa bene che anche i giornali hanno fatto circolare delle leggende urbane. E la stampa dovrà in qualche modo farsi un posto in questo caos comunicazionale dove è difficile decidere sul livello, lo statuto, il valore del messaggio solo in base alla sua semplice forma. L’ essere stampato non è più una garanzia di verità. E il discorso orale non è più sinonimo di errore. I giornali e la stampa dovranno trovare altri segnali – un altro cammino in mezzo a tutto ciò.

Dovranno andare a guardare dalla parte delle voci e delle forme primitive di stampa che esistevano prima dell’ invenzione delle tipografie. Come facevano le persone di allora – quando i libri non esistevano – per sapere dove era la verità? Come facevano per sapere a che cosa dovevano credere, o non credere? Sarà…, è un Nuovo Mondo in cui bisogna saper trovare la propria strada. Ma questo Nuovo Mondo è in qualche modo anche un Mondo Antico. E’ il mondo di prima della stampa, di prima dei giornali’’.

L’ idea di questa ‘’parentesi Gutenberg’’ – commenta Xavier de La Porte su Internetactu – è interessante e se applicata alla stampa assai stimolante. Avvicinare il turbamento in cui viviamo, e soprattutto le difficoltà che si vivono nel ritrovarsi in questo caos comunicazionale contemporaneo, all’ epoca in cui non c’ era ancora il libro – è una idea che sembra avere una qualche pertinenza. Certo, è chiaro che si vorrebbe sapere come facevano le persone per valutare la veridicità delle informazioni… Forse potremmo trovare qui delle soluzioni per la nostra angoscia contemporanea?

Ma – aggiunge de la Porte – c’è un’ altra cosa che mi diverte, perché nei fatti qualche soluzione è già stata trovata. E se tutto è reversibile come dice Thomas Pettitt, mi chiedo se non si possa, rovesciando le cose, dedurre il modo con cui si comportavano i nostri avi dalla pratica che noi seguiamo oggi. Per esempio, come faccio a valutare l’ informazione sulla mia pagina su Twitter (che per alcuni aspetti assomiglia alla piazza di un paese?). Semplice, sapendo chi è che parla. E’ la fiducia in chi parla o in chi ‘gira’ l’ informazione che mi induce a credere o meno a quello che viene detto. Tizio, che conosco come un po’ pazzerello, non mi ispirerà grande fiducia quando diffonde una informazione. Sempronio invece mi sembrerà una fonte affidabile.

Che io legga  un suo tweet, o ascolti le cose che mi dice, che mi faccia un colpo di telefono o che io legga un post sul suo blog, gli accorderò più credito che a un libro scritto da Tizio.

Forse abbiamo semplicemente riscoperto una soluzione arcaica: non è il supporto che assicura fiducia, ma l’ interlocutore, colui che ‘’parla’’.

(Thomas Pettitt on the Gutenberg Parenthesis, da Nieman Journalism Lab su Vimeo)