La solitudine dei blogger

Huff

Una giornalista che fa parte dei 6.000 blogger da cui l’ Huffington Post trae i quasi 300 post quotidiani che hanno fatto, in parte, la sua fortuna, protesta contro la testata – Mentre da Newsweek arriva all’ HuffPost Howard Fineman, con uno stipendio a 6 zeri, Mayhill Fowler, che dal 2007 lavora per il sito, denuncia: “Senza paga e senza alcun supporto editoriale non vedo altra soluzione se non quella di lasciare… ritengo di essere una giornalista e come tale essere riconosciuta.. non è tanto una questione di denaro, quanto di dignità professionale”

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“Vorrei essere pagata per il tempo e gli sforzi dedicati, o quanto meno ottenere una minima remunerazione per le spese sostenute per produrre contenuti originali”.

E’ lo sfogo (amarissimo) di una giornalista-blogger contro la grande ammiraglia dell’ online, l’ Huffington Post, che deve il suo grande successo di questi anni non solo alla grande abilità politica e manageriale di Arianna Huffington & soci, ma anche al lavoro di 6.000 blogger che producono qualcosa come 300 post al giorno.  Lavoro volontario, non remunerato, neanche con un cent simbolico.

“Non mi aspetto di essere pagata per i post, le opinioni all’Huffington non hanno valore”, afferma  Mayhill Fowler, popolare blogger del sito dal lontano 2007, nota per alcuni scoop (vedi articolo Washington Post) realizzati durante la campagna presidenziale di Obama,  come riporta Piero Macrì sull’ Ejo (l’ Osservatorio europeo di giornalismo).

“Lo so, il modello di business è sempre stato basato sulla gratuità delle opinioni- aggiunge la signora Fowler -, ma i servizi giornalistici da me realizzati in tutti questi anni non sono opinioni, sono servizi che credo abbiano onore di essere remunerati”.

Le proteste della blogger, osserva Macrì, assumono un valore emblematico nel momento in cui ha fatto rumore negli ambienti giornalistici Usa la notizia del trasferimento all’ Huffington Post di Howard Fineman, prestigiosa firma di Newsweek e popolare volto della Msnbc (vedi questo articolo del New York Times).

“Senza paga e senza alcun supporto editoriale non vedo altra soluzione se non quella di lasciare… ritengo di essere una giornalista e come tale essere riconosciuta.. non è tanto una questione di denaro, quanto di dignità professionale”, spiega la giornalista sul suo blog.

Mayhill Fowler – rileva ancora Macrì – denuncia la solitudine in cui si trova a lavorare il citizen journalist, nessun senso di appartenenza alla comunità del giornale, nessun supporto editoriale… Fineman – conclude Fowler – avrà uno stipendio a 6 cifre, sicuramente meritato… possibile che non un singolo centesimo possa essere investito per dare dignità al mio lavoro?”