Giornali online: dopo 15 anni di internet domina ancora il vecchio modello della ‘carta’

zang-tumb Le antiche metafore dei quotidiani cartacei dominano ancora i siti web e contribuiscono a ripetuti fallimenti sul piano dell’ identità e della personalità delle testate online – La perdita della serendipità – Frédéric Filloux, nella sua ultima Mondaynote, riflette sui forti limiti che ancora caratterizzano,dopo 15 anni di internet, il design e la struttura dei giornali in Rete, invitando a continuare ancora a “esplorare, sperimentare e analizzare” e a immaginare i siti internet come dei laboratori del design analoghi a quelli dell’ industria dell’ auto

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Reconciling efficiency with serendipity
di Frédéric Filloux

(da Mondaynote.com)

Per gli editori dei media digitali, il design è la sfida più importante. Il business model, ovviamente, è il ‘re’, ma ha bisogno di un design molto forte per regnare. Lo stesso vale per i contenuti. Senza una navigazione intelligente, dopo un breve salto sulla home-page un buon articolo potrebbe finire sepolto in profondità nelle viscere di un sito prima di poter mostrare tutte le sue potenzialità. (In maniera piuttosto intelligente, Slate.com ha sempre chiamato “concime” i suoi servizi dimenticati). Da questo punto di vista molte strutture web sono letali: danno troppo peso e visibilità alle novità a spese della rilevanza.

FillouxDopo più di 15 anni di presenza su internet, molte pubblicazioni online sono ancora alle prese con i problemi e le metafore del quotidiano. Colonne, pagine, sezioni, scorrimento delle immagini… la vecchia grafica dei giornali domina ancora il web e contribuisce a determinare un quasi-fallimento su tre elementi critici:

#1 Il test dell’ identità. Provate da soli. Prendete le prime pagine di una dozzina di giornali online; una volta che avete eliminato la testata della pubblicazione, diventa estremamente difficile distinguere uno dall’ altro. E non c’ è niente che li colleghi ai rispettivi marchi. La ‘gabbia’ generale, la grafica, le sfumature dei colori, sono tutti più o meno gli stessi.

#2  Il test della personalità. Sfogliate un qualsiasi quotidiano cartaceo e guardate qual è l’ impatto su di voi. Come prima cosa, siete velocemente in grado di afferrare il loro dominio del ciclo delle notizie e la sua intensità. Le dimensioni dei titoli e delle immagini, lo spazio dedicato agli articoli, le angolazioni, tutto vi dà una idea chiara del ‘piatto del giorno’.

In secondo luogo, sarete velocemente capaci di capire l’ orientamento politico della pubblicazione, valutando la gerarchia degli argomenti trattati. Ma è molto più difficile farlo con una pubblicazione online.

#3 Il test della serendipità, cioè la capacità di scoprire qualcosa che non stavamo cercando, una sorta di scoperta semiaccidentale. Per me questa potrebbe essere la caratteristica/funzione più importante.

Un giornale cartaceo – una rivista o un quotidiano – hanno dentro di loro una miscela di contenuti che, di volta in volta, conducono a un insieme di esperienze. Io prendo quel giornale per un contratto implicito fra la testata e me, un contratto basato sulla fiducia e sulle aspettative.

La fiducia si basa sul rapporto fra giudizio editoriale ed esecuzione; può fluttuare. Le aspettative invece fanno riferimento al fattore serendipità: so che questo giornale stimola la mia curiosità senza però trasportarmi in dei territori totalmente sconosciuti. Prendo questo giornale per la sua sezione economica per vedere come tratta lo scandalo della Goldman Sachs, ma potrò trovare il fantastico profilo di quanche tycoon sconosciuto, oppure un articolo di commento che sfida le mie convinzioni su qualche argomento particolare, ma che è ben bilanciato, ben scritto.

Ho fatto questo test diverse volte. Ogni giorno guardo i siti web di New York Times, Wall Street Journal o Guardian. E, ogni volta, compro le copie in carta dei tre giornali: e mi accorgo che una gran quantità di cose mi sono sfuggite leggendo l’ online. Sulla carta, la sensazione di abbondanza e di diversità è senza confronto (e sto continuando a comoprare giornali francesi per questa stessa ragione).

Di nuovo, tutto ciò ha a che fare con il modo con cui l’ informazione è strutturata in internet, con la home page a imbuto e la rigidità del mezzo (e, certo, anche con la mancanza di originalità e quella passiva mentalità da gregge sia nel design che nei contenuti).

La frattura decisiva fra stampa e media digitali sta esattamente là: la carta è un vettore fantastico di una esperienza di lettura guidata dalla curiosità; il web è un mezzo freddo, molto efficace per una lettura mirata e che punta alla ricerca.

Come riconciliare queste due forme di lettura? Non c’ è una risposta unica (e facile). Una soluzione verrà da una combinazione fra evoluzione dell’ interfaccia e reale abilità di usare i nuovi strumenti, e con una migliore implementazione delle ricerche.

In parole povere, gran parte delle home page sono una schifezza. Nel migliore dei casi, sono un imbuto stretto per (a volte) contenuti molto grandi. Ognuno ha tentato di trovare la soluzione in casa sua.

Qualcuno punta su aggiornamenti multipli (anche una dozzina) al giorno. In teoria, e lo capiscono tutti, i servizi migliori dovrebbero andare sulla home page. Ma la velocità del ciclo oscura la nozione essenziale di gerarchia che è sempre stata la pietra angolare dell’ editoria giornalistica.

Altri editori puntano invece su sistemi di una ventina di scroll-down (le schermate necessarie per arrivare in fondo alla pagina). Questa soluzione ha un pregio: segnala la gran parte dei contenuti più volte e facilita il lavoro dei motori di ricerca (ma è davvero quello l’ importante oggi?). Molti studi però mostrano che un titolo piazzato dopo la prima schermata perde molti dei suoi potenziali lettori.

Meglio allora ricorrere allo skimmer, cioè a un sistema a schermate non scorrevoli. Il New York Times ha realizzato un interessante esempio di skimmer che può essere impostato sulla presentazione delle notizie in base a criteri di “serendipità” (rieccoci!), di “priorità” o altri.

Di fatto, l’ esistenza stessa di questo elenco illustra la difficoltà di sintonizzarsi sull’ interfaccia giusta per i nuovi mezzi.

L’ unico approccio valido è quindi esplorare, sperimentare e analizzare. I giornali online potrebbero funzionare come i laboratori di design nell’ industria dell’ auto. Primo, definire un insieme di specificità e di principi. Poi, cominciare con una lavagna pulita da affidare a studenti brillanti. Siamo pirni di premi giornalistici; perché non studiarne uno dedicato a giovani talenti del design online? Organizzatelo!

Strumenti. Ma sarebbe molto arduo risolvere la questione della serendipità solo col design. Dei contributi possono venire dai cosiddetti ‘Lean-Back Devices’, nuovi strumenti come l’ iPad  (vedi l’ articolo di Jean-Louis Gassé qui). Dopo un paio di settimane di uso del mio iPad, mi sento di dire che sta per accadere qualcosa di nuovo. I “LBDs” potrebbero essere il legame mancante per il consumo dei media moderni. Più efficienti dei giornali, molto meno frenetici delle pagine web da cervello di scimmia di oggi. I LBDs dipenderanno naturalmente dal sistema delle applicazioni, dalla qualità delle interfacce e dalle politiche dei prezzi  – e probabilmente saranno maggiormente  caratterizzate dal punto di vista dell’ identità di testata rispetto alle indifferenziate pagine web di accesso di oggi.

I Lean-back devices potrebbero far tornare alla ribalta nozioni come fiducia e affinità e, come risultato, aprire la strada a una esperienza di lettura più profonda. E potrebbero anche riuscire a mettere insieme la potenza e la convenienza dei media digitali.

Con le applicazioni di Kindle e l’ Apple iBooks del mio iPad, ho scaricato diversi tipi di libri e sto pensando di cominciare a comprarne altri. Penso che ne comprerò diversi. E quando l’ avrò fatto, invece di dover andare fisicamente al mio scaffale, potrò studiare e annotare le pagine e cercare le annotazioni fatte in precedenza e questi libri resteranno vivi in quel mio apparecchio, pronti per essere analizzati, utili. E il tutto con il 30% di sconto rispetto al prodotto di un albero abbattuto.

Ricerche. Ho già affrontato altre volte questo aspetto. Sono ancora disorientato dall’ abisso fra le attuali possibiloità e l’ uso che se ne fa nel campo dell’ informazione. Non c’ è giorno in cui non mi imbatto in cose che vorrei aggiustare in qualche sito online. Non solo le funzioni di ricerca ma anche quelle relative a tag, argomenti, categorie, sono tutte assolutamente sottoutilizzate. E i meccanismi di raccomandazione sono ancora a un livello preistorico.

Controllo dozzine di fonti ogni giorno. Le navigo per testate (per molte di esse pago, circa 800 dollari l’ anno, tutto compreso). Sfoglio diversi blog professionali che si occupano di media, tecnologia, business, ma anche fotografia, architettura, design, spazio, alta educazione, ecc. In più, controllo i feed di Twitter, selezionando solo quelli che mi portano verso qualcosa di rilevante.

Cosa voglio e per cosa sono disposto a pagare. Quello di cui ho bisogno è una qualche strada più sofisticata del mio arrangiato attuale sistema di bookmarks, Rss e feed di microblogging. Tutto questo lavoro mi sta rovinando il tunnel carpale e mi fa perdere un sacco di tempo. Per il mio utilizzo professionale di internet ho bisogno di una plancia unica, realizzata sulla base di una serei di parametri e, cosa ancora più importante, sulle mie letture passate, sulle ricerche che ho fatto. Ho bisogno di una macchina che impari via via a scoprire il mio interesse per l’ eruzione del volcano Eyjafjallajokull (che mi ha impedito di andare a New York la settimana scorsa) o per la crisi finanziaria della Grecia e mi conduca verso dei contenuti freschi e rilevanti, qualsiasi sia la loro forma.

E, via via che queste fonti diventeranno a pagamento, mi farebbe molto piacere avere una unica consolle. Ho gestito i miei account sia con abbonamenti annuali che con meccanismi a consumo, per cui io non voglio nient’ altro che un sistema con un unico click a cadenza settimanale. Amazon e iTunes sono stati bravi a fornirmi questi servizi per anni. Per il centinaio delle mie fonti di informazioni preferite, perché non sperare in un analogo livello di chiarezza del servizio? Ecco, ora io spero che alla fine si imboccherà questa strada.

La mia ipotesi è che, diversamente dalla stampa, gli editori di contenuti online saranno più rapidi nel capire che la concorrenza deve  fermarsi davanti alla porta delle redazioni.

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