Tagli alle redazioni Usa: ma è vera crisi?

E’ vero che i tagli in questo periodo si estendono a macchia d’ olio e che molti giornalisti sono stati costretti ad andare a casa, commenta Robert G. Picard, un esperto di economia e management dei media, ma l’ occupazione nelle redazioni sarebbe ancora del 18-20% più alta rispetto agli anni Settanta

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Continua in crescendo negli Stati Uniti il coro secondo cui i giornalisti stanno perdendo il lavoro e il giornalismo è in forte sofferenza. Si sottolinea in particolare il fatto che circa il 10% dei giornalisti sono spariti dai giornali da quando le redazioni Usa avevano toccato la punta più alta a livello di addetti, con 56.373 unità.

E’ vero che i tagli in questo periodo si estendono a macchia d’ olio e che molti giornalisti sono stati costretti ad andare a casa, ma può essere utile mettere a fuoco il contesto per capire bene i numeri e il loro impatto.

Robert G. Picard, un noto esperto di economia e management dei media, lo ha fatto. E i risultati possono essere, diciamo, sorprendenti.

La American Society of Newspaper Editors  – racconta Picard sul suo sito –  ha condotto un censimento sugli addetti alle redazioni negli ultimi 30 anni.

Secondo i dati, attualmente le redazioni dei quotidiani impiegano il 22% in più di giornalisti rispetto al 1977 (43.000 nel 1977; 52.600 nel 2007). Anche tenendo conto di una perdita di posti di lavoro fra le 2.000 e le 4.000 unità a partire dalla data del censimento, l’ occupazione sarebbe ancora del 18-20% più alta rispetto agli anni Settanta. Tutto questo non sembra delineare una industria in CRISI di occupati, tranne ovviamente per quelli che il lavoro lo hanno perso. Se il numero di giornalisti fosse davvero un indicatore di qualità, la crescita degli addetti nel trentennio 1970-2000 avrebbe dovuto segnare un livello straordinario del giornalismo in particolare fra gli Ottanta e i Novanta.

Non avremmo dovuto sorprenderci del collasso del blocco sovietico, della crisi del debito pubblico nei paesi avanzati, degli aiuti Usa ai governi dell’ America Centrale o dell’ affare Iran-Contras, dello sfruttamento del lavoro minorile, della crescita esplosiva dell’ economia cinese e dello sviluppo del terrorismo interno e internazionale. E invece ne siamo rimasti sorpresi e i giornalisti non ci avevano avvertito.
Perché?  Ma perché – sottolinea Picard – l’ attenzione dei sempre più numerosi giornalisti era rivolta altrove.

Basta guardare dentro le redazioni per rendersi conto di quale sia il problema. La gran parte dei giornalisti fanno tutto TRANNE che seguire le vicende più importanti. Impiegano il loro tempo dietro alle star, al cibo, alle automobili e così via. In qualsiasi redazione si guardi, o se si analizzano gli incarichi, si vede immediatamente come solo il 20 % (o anche meno)  dei giornalisti delle redazioni producono il tipo di notizie che la maggior parte dei lettori non vorrebbero perdere. Non è il mero numero dei giornalisti che interessa.

E’ il tipo di scelta che direttori ed editori fanno dei giornalisti a disposizione quello che conta. I giornalisti sono una risorsa cruciale e il modo con vengono utilizzati ha una influenza significativa slla qualità. Pochi giornali hanno tagliato sezioni o tipi di ‘’copertura’’, preferendo invece tagliare nelle redazioni e non invece riassegnando i giornalisti ai settori e agli argomenti che interessano di più la società.

Bisognerebbe poi rilevare – continua Picard – che lp’ entità dei tagli nelle redazioni non è stata omogenea nei vari settori: Secondo i dati ASNE, il numero dei capiredattore è calato del dell’ 1% a partire dal 2000; 1% anche per i redattori, 10% per i fotoreporter e 11% per i cronisti. Ci potranno essere delle motivazioni razionali in tutto questro, ma a me paiono dei dati sbilanciati. Se ci sono meno cronisti e fotoreporter la cui produzione va ‘’lavorata’’, ci si aspetterebbe un calo parallelo anche di capiredattori e redattori.

Forse –conclude Picard – è tempo che i giornalisti la smettano di lamentarsi dei loro problemi e comincino a discutere per bene su come le loro redazioni sono strutturate.