Quotidiani: diffusione in calo del 13% in nove anni in Italia anche se le testate crescono del 50%

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Una Ricerca realizzata dall’ OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), dal titolo “L’ evoluzione dell’ informazione e Internet” – Il paese in testa per declino della diffusione è la Danimarca, con un calo del 22%, seguita da Australia, Ungheria e Regno Unito (che si attestano sul meno 18%), mentre quello in cui la diffusione è aumentata maggiormente è l’ Irlanda (+46%; leggermente in calo nel numero delle testate), preceduta da Portogallo (+31%) e, con un +25%, Turchia (che registra un aumento del numero delle testate del 75%)

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Nonostante un aumento del numero delle testate giornalistiche quotidiane pari al 50%, negli anni fra il 2000 e il 2008 l’ Italia ha registrato un calo della diffusione dei quotidiani pari a quasi il 13%.

Un declino analogo a quello degli Stati Uniti, che ha visto però il numero delle testate decrescere, anche se solo del 5%.

Il paese in testa per declino della diffusione è la Danimarca, con un calo del 22%, seguita da Australia, Ungheria e Regno Unito (che si attestano sul meno 18%), mentre quello in cui la diffusione è aumentata maggiormente è l’ Irlanda (+46%; leggermente in calo nel numero delle testate), preceduta da Portogallo (+31%) e, con un +25%, Turchia (che registra un aumento del numero delle testate del 75%).

Sono alcuni dei dati di una ampia Ricerca realizzata dall’ OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), dal titolo “L’ evoluzione dell’ informazione e Internet” (The evolution of news and internet”)

Un’ ampia parte della ricerca è dedicata ai problemi dell’ industria dei quotidiani e questi in sintesi gli spunti che l’ OCSE – Organizzazione internazionale di studi economici per i 31 paesi membri, paesi sviluppati aventi in comune un sistema di governo di tipo democratico ed un’economia di mercato – mette in evidenza.

La creazione e la diffusione delle notizie hanno subito dei contraccolpi a causa delle nuove tecnologie, come radio e televisione, e per i cambiamenti nelle abitudini dei lettori ben da prima che si affermasse internet.

– Dopo anni di grossi profitti, gli editori di quotidiani in gran parte dei paesi dell’ Ocse hanno dovuto affrontare  una forte concorrenza: giornali gratuiti, internet, moltiplicazione delle fonti radio e tv) e spesso un declino dei ricavi pubblicitari, del numero delle testate così come il calo dei lettori. La crisi economica ha amplificato questi sviluppi negativi.

– Circa 20 sui 31 paesi dell’ Ocse registrano un declino delle fasce di lettori, con diminuzioni anche significative. L’ audience dei giornali è in generale più bassa fra i giovani che tendono ad attribuire meno importanza ai media cartacei.

– Grazie al forte sviluppo delle testate quotidiane nei paesi non Ocse, il
numero globale dei quotidiani è comunque cresciuto nell’ ultimo decennio – fino a raddoppiare quasi – rispetto al 2000. Tuttavia, tranne che in alcuni paesi Ocse (Irlanda, Turchia e Portogallo, come visto sopra), il numero di testate è in calo fra gli associati Ocse. Lo stesso vale per la diffusione, anch’ essa in calo .

– La crescita del mercato globale dei quotidiani si è lentamente attenuata a partire dal 2004 toccando lo zero nel 2007 e registrando un trend negativo nel 2008. La stampa generalista, nazionale e locale è stata particolarmente colpita e i dati relativi al 2009 lo prefigurano come un anno ancora peggiore per i quotidiani dei paesi Ocse, con il declino maggiore negli Stati Uniti, in UK, Grecia, Italia, Canada e Spagna (ma con un impatto molto minore in paesi come Austria, Australia e altri).

– La crisi economica e la caduta degli investimenti pubblicitari sia nella stampa che nell’ online hanno  creato ulteriori problemi  per la gran parte dei quotidiani comportando grossi ‘buchi’ nei ricavi (e questo vale anche per i gratuiti, molti dei quali hanno dovuto chiudere), chiusure di giornali e riduzioni di organico nelle redazioni in molti paesi Ocse. Fattori strutturali si assommano a fattori ciclici.

– Il declino dell’ occupazione giornalistica nell’ industria dei giornali è in atto sin dal 1997 per molti paesi Ocse. Ma si è intensificato a partire dal 2008 soprattutto in paesi come Stati Uniti, Regno unito, Olanda e Spagna.

-Tuttavia, ampie differenze fra paesi e testate e i dati attuali non giustificano ancora una convinzione che si sia di fronte alla “morte dei quotidiani”, in particolare se si tiene conto dei paesi non Ocse e dei potenziali effetti positivi che la fine della crisi economica dovrebbe portare. Se è chiaro che i quotidiani e gli altri media vengono minacciati e sfidati nei loro tradizionali modelli economici da Internet, è pur vero che stiamo vivendo un periodo di grandi opportunità che può essere sfruttato dall’ industria per assicurare il successo dei nuovi media, con i grossi benefici per la società e la democrazia che essi offrono.

Il mercato globale

Dal punto di vista dei ricavi, il mercato globale dei quotidiani dipende per il 57% dalla pubblicità e per il 43% dalle vendite. Il peso della pubblicità è molto alto in Usa, Lussemburgo e Canada ed è relativamente basso in Giappone, Danimarca e Olanda.

• La parte dei ricavi dei quotidiani rappresentata dalla pubblicità è cresciuta prima dell’ inizio della crisi economica e per più della metà dei paesi Ocse questa fonte di reddito è cresciuta in modo significativo fra il 2004 e il 2007/2008.

• La quota di pubblicità che arrivava ai giornali è andata calando nell’ ultimo decennio in molti paesi Ocse e il mercato ha registrato in questo ultimo periodo un grosso calo nella crescita delle inserzioni sia online che offline. Questa tendenza si è verificata molto prima in alcuni paesi (agli inizi del 2000 per Danimarca, Usa Giappone, Olanda e Uk) che in altri (dal 2007 in Canada, Finlandia, Italia e Spagna).

In media la pubblicità online rappresenta circa il 4% del totale dei ricavi complessivi dei giornali nel 2009, anche se le prospettive per i ricavi da questo settore sono nettamente positive, anche tenendo conto dell’ uscita dalla crisi economica.

• Sul piano dei costi, quelli relativi al processo editoriale come la produzione (carta e inchiostri), l’ amministrazione, la produzione e la pubblicità e la distribuzione dominano il quadro. Questo ampio ventaglio di costi fissi rende le strutture editoriali dei quotidiani molto vulnerabili di fronte alle variazioni e meno agili nella reazione di fronte al panorama dell’ informazione online.

Mercato e turnover

Il mercato globale dei quotidiani (definito come diffusione online e offline e ricavi pubblicitari) è stimato nel 2009 in 164 miliardi di dollari. Nonostante che anche il 2009 sia un anno di declino, il fatturato del settore è di gran lunga superiore a quello della musica registrata (27 miliardi), dei videogame (55 mld), del cinema (85 mld) e anche dell’ editoria libraria globale (112 miliardi).

Usa, Giappone, Germania e UK hanno i mercati editoriali dei quotidiani più vasti. Undici paesi Ocse hanno visto una crescita del mercato fra il 2004 e il 2008, con in testa Turchia (+50%) e Grecia (+35%). Solo 5 paesi Ocse hanno registrato un calo, con gli Stati Uniti in testa come paese più colpito (-20%), seguito da Giappone (-9%), UK (-7%), Canada (-2%) e Olanda (-1%).

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La crescita del mercato globale dei quotidiani ha comunque rallentato progressivamente dal 2004 (meno 3,6% in meno rispetto al 2003), per toccare lo zero nel 2007 e un saldo negativo a partire dal 2008 (-5%) (PwC, 2009a). Per il 2009 le previsioni danno una ulteriore riduzione, per una cifra pari al 10%. (PwC, 2009a).

L’ arresto della crescita è cominciato e risulta pesantemente pronunciato negli Usa (fin dal 2006, con un andamento negativo del -14% nel 2008, e del -18% in 2009). La Regione dell’ Asia-Pacifico ha resistito più delle altre fino al 2008, ma si profila un calo del 6% nel 2009. Turchia, Grecia, Austria, Messico e Australia avevano registrato una crescita a due cifre fra il 2004 e il 2009, ma per quest’ ultimo anno il settore dei quotidiani risulta in declino in tutti i paesi Ocse.

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Quasi la metà dei paesi Ocse hanno visto un forte calo rispetto al 2004, con in testa gli Stati Uniti (-34% sul 2004), Regno Unito (-22%) e Giappone (-18%). Netta regressione anche in Germania, Italia, Olanda e Nuova Zelanda, anche se con percentuali a una cifra.

Non tutti gli Uffici centrali di statistica dei paesi Ocse elaborano dati ufficiali sul turnover (il tasso di sostituzione di addetti e beni all’ interno di una azienda o di un settore industriale, ndr), sul valore aggiunto e sull’ occupazione nel settore dell’ industria dei quotidiani. In particolare, i dati disponibili per Australia, Corea e Giappone riguardano la categoria più ampia della stampa quotidiana e periodica, in cui sono contenute anche le pubblicazioni scientifiche e i magazine e che non possono essere comparati direttamente agli altri paesi Ocse. Se disponibili comunque per Corea e Giappone verranno usati dati di altre fonti.

Presi globalmente i 27 paesi Ocse hanno la più forte industria dei quotidiani se si considera il turnover, seguiti dagli Stati Uniti, mentre Eu, Germania, Uk e Francia rappresentano la maggior parte del mercato per quanto riguarda lo stesso turnover. Per gli anni fino al 2007, il solo mercato in calo è quello Usa. Come parte dell’ industria globale comunque il settore editoriale dei quotidiani è molto significativo nei paesi dell’ Europa del nord (Norvegia, Finlandia, Svezia e Danimarca ), in Germania e Uk. In gran parte dei paesi Ocse questa fetta dell’ economia globale ha subito una forte contrazione nel periodo fra il 1997 e il 2007.

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Diffusione

Nel 2005 il Giappone ha superato la Norvegia – che da tempo era in testa alla classifica – come paese con la maggior densità di lettori. Anche le altre nazioni nordiche hanno una elevata densità di lettori in area Ocse (definita in termini di giornali diffusi per 1.000 abitanti).

• In Giappone in un giorno medio vengono diffuse 526 copie di giornali a pagamento per 1.000 abitanti, mentre in Norvegia la diffusione per 1.000 abitanti è di 458 copie, in Finlandia di 400, in Svezia di 326 e in Svizzera di 292 copie. Da segnalare che questi paesi hanno una penetrazione dei quotidiani veramente molto ampia. Negli Stati Uniti questo dato si riduce a 160 copie per 1.000 persone, e il tasso di penetrazione scende ancora per Canada (129), Francia (122), Australia (116), Spagna e Italia (entrambe 90).

• In ambito Ocse, Giappone (51 milioni di copie al giorno), Usa (49 milioni), Germania (20 milioni), Uk (15 milioni) e Corea (13) sono in testa per quanto riguarda la diffusione media dei quotidiani nel 2008. Alcuni paesi non Ocse tuttavia li stanno superando, con Cina e India soprattutto, data la loro popolazione.

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• Il Giappone possiede cinque dei più diffusi quotidiani al mondo. Lo Yomiuri Shimbun ha una diffusione media totale di circa 10 milioni di copie. Se si escludono i quotidiani giapponesi, risultano ai primi posti:
Bild (Germania) con 3,1 milioni di copie, The Sun (UK) con 3 milioni, The Chosun Ilbo (Corea), 2,3 milioni, USA Today (USA), 2,3, e JoongAng Ilbo (Corea) 2,2 milioni.

• Se invece consideriamo l’ elenco dei primi 100 quotidiani per diffusione a livello mondiale, troviamo che esso è ancora una volta guidato da Cina (25 su 100) e India (20 su 100), seguite da Giappone (16), Uk e Usa (entrambe con 7 su 100).

Addetti

Il numero di giornalisti impiegati nell’ industria dei quotidiani era fortemente cresciuto nei paesi Ocse nella seconda metà del 20/° secolo e fino agli anno Novanta. In Francia, per esempio, il numero di giornalisti è più che triplicato in due generazioni (CNRS, 2009).

Tuttavia recentemente si è assistito a un calo.

Gli Stati Uniti hanno il maggior numero di persone impiegate nel settore dei quotidiani (tav. 1), seguiti da Germania, Uk e Francia. Fra il 1997 e il 2007 la gran parte dei paesi Ocse  per cui sono disponibili dei dati hanno però registrato un rapido e netto declino dell’ occupazione: Norvegia (-53%), Olanda (-41%), e Germania (-25%) in testa. Qualche altro paese Ocse come la Spagna (63% di crescita fra il 1997 e il 2006) e Polonia (30%) hanno registrato invece un incremento degli addetti.

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Gli Stati Uniti hanno il maggior numero di giornalisti addetti, seguiti da Giappone, Germania e Uk . In termini di crescita, i dati disponibili relativi agli anni 2006 e 2007 non mostrano un calo di giornalisti occupati rapido, ma piuttosto una lenta crescita o una stagnazione del numero degli addetti. L’ eccezione è costituita dall’ Olanda e Stati Uniti che hanno invece registrato un rapido declino di giornalisti prima della crisi economica. La gran parte dei singoli paesi Ocse hanno subito degli impatti negativi sul numero dei giornalisti all’ inizio del 2008 con una intensificazione della tendenza nel 2009.

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Ultimi sviluppi del mercato dei quotidiani

Dopo anni di buoni profitti, gli editori di quotidiani dei paesi Osce hanno dovuto affrontare un aumento della concorrenza (quotidiani gratuiti,  internet) e spesso un calo dei ricavi pubblicitari, delle testate e della diffusione e una diminuzione di lettori. La crisi economica ha rafforzato questi sviluppi negativi. Tuttavia, vi sono delle ampie differenze fra paesi e testate e sulla situazione dell’ industria delle notizie si può fare solo qualche  generalizzazione.

In ogni caso i dati attuali non consentono di parlare di “morte dei quotidiani” come qualcuno suggerisce (Fogel and Patino, 2005; Poulet, 2009); soprattutto se si tiene conto dei paesi non Ocse e dei potenziali effetti positive della ripresa economica.

Numero delle testate

• Il calo del numero delle testate è andato crescendo per vari anni o anche decenni in alcuni paesi Ocse. In Francia, ad esempio, fra il 1945 e il 2004 le testate regionali sono scese da 153 a 56 e quelle nazionali da 26 a 10
(Le Floch and Sonnac, 2005).

• Nel 2008, esistevano nei paesi dell’ Ocse quasi 4.000 testate. Per la maggioranza dei paesi, il numero di testate dei quotidiani a pagamento sono diminuite (14 paesi su 30) o è rimasto stazionario (cioè con variazioni inferiori al 3% – in altre 6) fra il 2000 e il 2008 (tav. 6). In alcuni paesi il calo fra il 2000/2002 è stato veramente imponente: Slovacchia (-69%), Belgio (-25%), Olanda (-17%), Svizzera (-16%), Nuova Zelanda (-15%) e Norvegia (-10%). Gli Stati Uniti hanno perso solo il 5%. Mentre altri paesi hanno registrato una crescita nelle testate a pagamento: fra i più rilevanti, la Corea (125%, che non compare nella tavola), Turchia (76%) e Irlanda (50%).

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° Grazie al forte sviluppo delle testate quotidiane nei paesi non Ocse il numero globale di testate nel mondo è cresciuto nell’ ultimo decennio – quasi il doppio rispetto al 2000. Tuttavia, questi dati vanno usati con cautela, visti i vari problemi di misurazione che esistono

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I paesi con cui l’ Ocse ha avviato trattative per una eventuale inclusione (OECD Enhanced Engagement countries – Brasile, Cina, India, Indonesia e Sud Africa) contano attualmente più testate di quelle dei paesi Ocse (che sono 4.414), con una crescita del 40% nel decennio. Mentre i paesi vicini all’ ingresso (Cile, Estonia, Israele e Slovenia e Russia, ma esclusa quest’ ultima) hanno un totale di circa 600 testate, con un meno dinamico +5% sullo stesso periodo.

Diffusione dei quotidiani a pagamento

• La fetta di mercato dei paesi Ocse sul dato mondiale globale è scesa dal 49% del 2000 al 42% del 2008. Ovunque la diffusione media dei quotidiani a pagamento è scesa, in particolare dopo gli anni 1999/2000 (tavola 7). La diffusione totale media del periodo 2000-2008 mostra nei paesi Osce un calo del 2,7%.

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Tenendo conto dei dati fra il 2000 e il 2008, la diffusione dei giornali a pagamento è calata in tutti i paesi Osce tranne che in Irlanda (+30%), Polonia (+24%), Turchia (+20%) e Portogallo (+10%) (Tavola 6). L’ Islanda mostra la variazioni negativa maggiore con un calo del 140% della diffusione dei quotidiani, seguita da Danimarca (-27%), Australia, Regno Unito e Ungheria (entrambi -24%), Olanda (-22%), Svizzera (-21%), Canada (-20%) e Germania (-19%).

Nel 2008 la diffusione dei quotidiani a pagamento è scesa del 3.7% in America del nord, -2.5% in Australia e Oceania e -1.8% in Europa.

Fuori dell’ area Ocse invece il dato relativo alla diffusione dei quotidiani a pagamento è andato crescendo per diversi anni, compensando il calo nell’ Ocse e determinando una crescita nel numero dei giornali nel mondo del 14% fra il 2008 e il 2008 (tavola 7, nota 15) e del 2,6% nel solo 2007 e dell’ 1,4% nel 2008 (16).

La forte crescita nei paesi BIICS (Brasile, India, Indonesia, Cina e Sud Africa), pari a un +35% fra il 2000 e il 2008, ha contribuito notevolmente a questa crescita, forte soprattutto  in India (+45%), Sud Africa (34%) e Cina (previsto il 29%). E degli incrementi in questo senso sono previsti anche in altri paesi e continenti, fra cui Africa e Sud-America.

• I paesi che hanno chiesto l’ accesso all’ Ocse (esclusa la Russia, per cui non sono disponibili dati complete) hanno visto uno sviluppo meno positivo nella diffusione, ma sono più simili ai paesi Ocse – con Israele che ha i migliori dati in termini quantitativi e il Cile che registra il maggior incremento (ma con il calo di Estonia e Slovenia). Questi paesi hanno comunque registrato un progressivo calo della diffusione media tra il 2004 e il 2008.

Un’ analisi più a fondo

La carta stampata non è uniforme e i suoi componenti specifici, le testate e la loro natura e la loro impostazione (specializzati/generalisti, locali/regionali), hanno il loro peso.
Uno sguardo ai giornali a pagamento più diffusi rivela l’ ampiezza di questo calo (la tavola 8 mostra l’ andamento dei due quotidiani più diffusi in vari paesi). Nel 2007-2008 la maggioranza delle pubblicazioni più diffuse nei vari paesi Ocse hanno visto un calo o una stagnazione della loro diffusione. La situazione è particolarmente evidente quando si guardano i dati del periodo 2001-2008.

La maggioranza delle testate principali dei paesi Ocse hanno registrato una contrazione che andava da un quinto alla metà addirittura della loro diffusione, come per The Hankook Ilbo (Corea), The National Post (Canada), Le Progrès (Francia); fra un terzo e un quarto come nel caso di The Mirror (UK), Parisien (Francia), La Stampa (Italia), The Bild (Germania), Ilta-Sanomat (Finlandia), NZZ (Svizzera), ABC e Marca (Spagna), The Long Angeles Times (USA),  WAZ (Germania), The Maeil Business Newspaper (Corea), o una riduzione di un quinto come nel caso di Reforma (Messico), Toronto Sun (Canada), The Daily Telegraph (UK), The Washington Post (USA) e De Telegraaf (Olanda).

Ma ci sono stati anche paesi Ocse in cui è stato registrato un significativo aumento della diffusione (Ouest Francia, USA Today, The Wall Street Journal, Busan Ilbo, New York Post, etc.). A grandissime linee non si può dire che i giornali popolari (i tabloids) vadano meglio di quelli di qualità.

Specializzati/generalisti: in estrema sintesi si può dire che i secondi registrano un calo di diffusion maggiore di quelli specializzati, come ad esempio quelli economici, tipo Wall Street Journal (tavola 8). La stampa specializzata regge meglio rispetto ai quotidiani generalisti.

Regionali/locali: la caduta della diffusione e del numero di testate non è omogenea ma ha delle forti specificità a seconda dei paesi. Non si possono fare generalizzazioni di alcun genere, anche perché le differenze fra quotidiani regionali e locali variano da paese a paese. In sostanza i dati disponibili non consentono di fare un’ analisi statistica precisa dello stato della stampa locale nei vari paesi.

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Nonostante questo, le stime mostrano che fra il 2004 e il 2008 I quotidiani regionali e locali sono calati in maniera più significativa (-8,3% nell’ intero periodo) di quelli nazionali (-2.8%). La tabella mostra anche che il calo anno-dopo-anno dei giornali regionali è stato molto intenso nel 2008 (-4,1%), superando largamente il declino dei quotidiani nazionali di area Ocse.

Sulla base di un’ analisi caso per caso, questo quadro è confermato. La maggioranza dei paesi Ocse hanno registrato un’ accelerazione del calo dei giornali regionali/locali fra il 2004 e il 2008 rispetto a quelli nazionali. I paesi che hanno visto il calo maggiore sono Slovacchia, Repubblica ceca, Slovenia, Olanda, Danimarca, Turchia e Polonia(18), mentre non sono disponibili dati per paesi come gli Stati Uniti

• In UK la diffusione dei quotidiani a pagamento locali e regionali è diminuita di oltre il 20% nei cinque anni scorsi (19) e il tasso di chiusura dei giornali locali è rapidamente cresciuto (20)

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• In Australia, i dati mostrano che l’ audience totale dei quotidiani regionali è calata del 4% fra 2006 e 2008, con forti variazioni fra le diverse testate, dovute in parte anche a fattori demografici e a migrazioni.

• Negli Stati Uniti, le testate nazionali (NYT, Washington Post, Wall Street Journal) stanno andando meglio dei giornali metropolitani, che perdono copie.

• In Germania il numero di quotidiani locali e regionali venduti in abbonamento sono diminuiti (da 420 testate nel 1950 a 335 nel 2008). Allo stesso tempo, mentre la circolazione dei giornali nazionali è cresciuta a partire dal 2000 ed è rimasta stazionaria dal 2009, la diffusione dei quotidiani locali e regionali, che aveva avuto un picco nel 1997, è diminuita in maniera significativa (21).

• In Corea, i quotidiani regionali mostrano un notevole calo (-10% nelle vendite) se confrontati con i giornali nazionali (+6.2%) nel periodo 1999-2007. I nazionali sono cresciuti da 10 a 11, mentre le testate regionali sono calate di 2 unità (da 16 a 14) durante lo stesso periodo.22

Tuttavia in alcuni paesi si è verificato il contrario, con giornali regionali e locali in crescita rispetto a quelli nazionali (Francia, Slovenia, Norvegia, Ungheria e, con una estensione molto minore, anche Italia e Giappone).

Il declino dei lettori

Negli ultimi anni i dati sulla readership (il numero di cittadini che legge un quotidiano) sono gradualmente cresciuti come importanza rispetto a quelli sulla diffusione (vedi Annesso 1). Come si vede nella tavola 2, fra i paesi Ocse l’ Islanda ha la readership maggiore, seguita da Giappone, Portogallo, Svezia e Norvegia. Mentre in coda troviamo Grecia, Turchia e Regno Unito. Per i paesi non Ocse, in generale la readership è minore ma per molti di essi sta salendo.

Nei paesi Ocse, i quotidiani hanno di fronte una massa di lettori che invecchia e si assottiglia. Circa 20 sui 30 paesi aderenti vedono un calo dei lettori, con tassi significativi in Australia, Canada, Stati Uniti e Corea.

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La readership dei quotidiani è in generale minore fra i giovani, che tendono ad attribuire una minore importanza ai media stampati. I dati disponibili mostrano che questa fascia d’ età si sta riducendo soprattutto in paesi come gli Usa (vedi box 2). In alcuni paesi Ocse invece i dati sono molto migliori. In Germania, ad esempio, circa il 47% delle persone nella fascia 14-19 anni leggono un quotidiano e diventano il 58% in quella fra i 20 e i 29 anni
(BDVZ). In Austria, il 61,1% dei 14-19enni e il 66,8% di quelli 20-29 anni leggono un quotidiano (WAN).
Questo aspetto meriterebbe uno studio più dettagliato perché gli indicatori sono scarsi e spesso non sono comparabili.

In termini di tempo di lettura dei quotidiani, la gran parte dei lettori dedica fra i 20 e i 30 minuti al giorno al giornale, con la sola Spagna che registra un tempo minore (18 minuti, in media) ed Austria, Finlandia e Belgio, che superano quel dato medio, e Italia e Turchia che lo superano di molto (rispettivamente 51 e 64 minuti).

I dati infine mostrano un significativo calo nel tempo di lettura in Corea, Finlandia, Germania e Olanda (fra
-22 e -30% fra il 2004 e il 2008).

I quotidiani gratuiti

Dal 2000 il mercato dei quotidiani a pagamento si trova di fronte la concorrenza dei giornali gratuiti, che erodono la diffusione di quelli a pagamento e mettono in crisi la pubblicità, il punto di forza degli editori dei quotidiani tradizionali. I gratuiti sono molto più economici sul piano della produzione e della diffusione rispetto a quelli tradizionali e si basano unicamente sulla pubblicità. Hanno infatti molto meno costi fissi, tenendo conto delle loro strutture relativamente piccole e giovani, un peso minore del lavoro giornalistico (nessuna redazione regionale o ufficio di corrispondenza estero da sostenere) e a volte anche una minore incidenza dei costi di stampa e di distribuzione.

Vari editori di quotidiani di paesi Ocse hanno lanciato quotidiani gratuiti per cercare di sostenere i ricavi pubblicitari.

La crescita dei gratuiti è ancora fortemente limitata ad alcuni paesi Ocse e non sono ancora prevalenti nei paesi non Ocse. Nel 2008, la diffusione totale dei quotidiani gratuiti nell’ Ocse era di 30 milioni di copie, quasi il doppio rispetto al 2004.

Il rapporto gratuiti/a pagamento è cresciuto dal 6% circa del 2004 a più del doppio (il 13%) nel 2008. Se si includono i quotidiani gratuiti dei paesi Ocse nel dato complessivo della diffusione dei quotidiani, la crescita dei giornali copre il calo di quelli a pagamento fra il 2004 e il 2008.

La tendenza è particolarmente sviluppata in Europa dove nel 2008 il 23% dei quotidiani erano gratuiti. Tutto questo si riflette bene nella classifica dei principali 10 quotidiani free (tavola 3). Il mercato tedesco è una eccezione visto che i gratuiti hanno avuto un successo minore, cosa che si può spiegare in parte con la maggiore resistenza degli editori tedeschi di quotidiani.

I gratuiti sono una componente importante del mercato in Canada, dove contano un terzo della diffusione complessiva di quotidiani. Ma hanno svolto un ruolo nettamente minore in Australia, Usa, Corea e Giappone.

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Tuttavia la recente crisi economica e il calo nei ricavi pubblicitari hanno pesantemente colpito la sostenibilità dei quotidiani gratuiti fra il 2008 e il 2009. I gratuiti sono ancora in forze solo in pochi paesi Ocse come la Svizzera. In realtà, dalla fine del 2009 numerosi quotidiani gratuiti nei paesi Ocse hanno chiuso (Aalborg in Danimarca, 24 Minuti in Italia, Metro in Spagna e sono in vista tagli al personale nello spagnolo Que).

L’ impatto della recente crisi economica

La crisi economica e la pesante caduta della pubblicità sia offline che online hanno creato degli ulteriori problemi per i quotidiani portando a un calo della diffusione, alla chiusura di testate e a tagli negli organici redazionali. Fattori strutturali si sono sommati a fattori ciclici. Ma, ancora, l’ impatto non è stato uniforme fra i vari paesi Ocse.

Per alcuni di essi la crisi ha ulteriormente accelerato la diminuzione dei ricavi e il declino della diffusione nell’ industria dei quotidiani (sia in paesi anglosassoni, come Usa e Uk, sia in altri paesi europei come l’ Olanda), mentre per altri il 2008 ha segnato l’ inizio di una significativa riduzione.

Tutti i paesi Ocse, comunque, hanno in comune il fatto che il 2009 è stato il peggior anno per gli editori di quotidiani.