Dalla ‘nube’ alla carta, rovesciando il processo di produzione

Ben  project

Jeff Jarvis spiega come oggi sia possibile produrre un periodico su carta partendo dalla ‘nube’, con le applicazioni aperte e gratuite presenti in Rete – Rovesciando l’ attuale processo di produzione giornalistica e anteponendo il digitale alla stampa, i cittadini possono partecipare al processo e dare i loro contributi al lavoro del giornalista – Un nuovo modo di produzione che rappresenta una grossa rivoluzione culturale

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News(paper) in the cloud

di Jeff Jarvis

Credo che sia possibile oggi realizzare una testata giornalistica (fino al momento della pubblicazione) “dalla nube”, cambiando non solo il processo produttivo, ma anche la sua cultura. John Paton, CEO della Journal Register Company (JRC), sta per provarlo con il suo  progetto Ben Franklin.

Discutendo di come si potesse produrre un giornale cartaceo con WordPress, Google Docs e Flickr (o sistemi equivalenti), Paton aveva indicato come principio di base il fatto che il digitale viene prima della stampa.

Mettere la stampa alla fine implica che non è la produzione del cartaceo a segnare il resto del processo. In questo modo il cronista può cominciare a scrivere ad esempio in un blog l’ avvio di un servizio. E questo significa un cambio profondo della cultura della notizia: aprire il processo al pubblico. “Credo che lavorerò su questo”, racconta un giornalista alla comunità che copre. “E’ una buona idea? C’ è qualche altra cosa che sarebbe meglio seguire? Se scrivo questa storia, che domande avete da porre? Che cosa sapete? Chi dovrei chiamare?”.

A mano a mano che il processo va avanti, il giornalista potrà condividere quello che ha raccolto (o no) e la comunità potrà aiutare a inserire le cose che mancano e far in modo che il reportage migliori.

In nessun punto del processo il giornalista probabilmente scriverà un qualcosa come quello che ora chiamiamo articolo. Di fatto, scrivere in un blog prima di pubblicare dà alla comunità la possibilità di aiutarla a correggerlo e a migliorarlo.

Poi, un redattore del cartaceo può prendere la vicenda e adattarla per la stampa. Senza problemi.

Nel frattempo, il cronista e il redattore possono chiedere alla comunità delle foto per illustrare il reportage. Possono condividerle via Flickr. Quando arriva il momento della stampa, il redattore  potrà fare una copia della foto in alta risoluzione e se l’ autore della foto lo chiede, si potrà utilizzare l’ immagina in  Creative Commons. Ma se lo preferisce, il giornale di carta la può acquistare (come fa la Bild in Germania). Come preferisce. Il settore fotografico può diventare un fattore di competizione: un lettore potrebbe dire “io ho delle cose migliori”.

Quanto ai problemi burocratici, si possono risolvere con Google Docs: programmare le notizie, chi sta lavorando su che cosa, ecc. Google Docs è perfetto da questo punto di vista. Un mio collega della Columbia University, Jeremy Caplan, ci ha fatto vedere quanto può fare Docs: permettere ai giornalisti, per esempio, di incrociare dati e creare le proprie immagini. Google docs può essere usato per pubblicare documenti sulla rete.

Il contenuto può arrivare fino al redattore del cartaceo (che ora, ricordiamolo, sta alla fine della linea) attraverso queste tre vie che abbiamo visto. Il giornale si può riempire (operazione che, come dice il mio amico Jay Rosen, è il passaggio più costoso). I lettori naturalmente possono aiutare il redattore a decidere se vale la pena di consumare inchiostro.

Da sottolineare il profondo cambio culturale che questo nuovo processo introduce in una struttura giornalistica. Invece di fare tutto quello che tradizionalmente facciamo e condividiamo con il pubblico (permettendo che commentino o facciano a pezzi il nostro lavoro), noi facciamo trasparenza, vediamo la notizia come un processo invece che come un prodotto, e apriamo questo processo alla collaborazione costruttiva con la comunità a cui ci rivolgiamo. Alleluya.

Il resto del processo di pubblicazione di un giornale è più complicato (almeno per me, che non conosco questo versante). Non sono sicuro che si possa fare tutto con strumenti gratuiti, ma scommetto che si può fare tutto nella nube.

Per tutto questo mi fa piacere poter far conoscere il progetto di JRC e di Paton. Stanno per sperimentare le cose che mi auguravo facessero i quotidiani cartacei (sto scrivendo su questo dal 2005), le cose che la tradizione e il mezzo hanno impedito ad altri periodici di fare. Non sono soli.

AnnArbor.com (che segnalo ugualmente) si fa totalmente in Movable Type. Aziende giornalistiche online, naturalmente, funzionano con i blog. Però qui c’ è la possibilità di fare in modo che un’ azienda editrici di periodici salti dal passato (dall’ era dei videoterminali e dei dischetti) al futuro. Non vedo l’ ora di poterla osservare e aiutare.