Un giornalismo rifondato può salvare la rete

La rete è in pericolo e il giornalismo pure e solo una alleanza può portare alla salvezza di entrambi – A patto di sgombrare il campo da molti dogmi e di rifondare il racconto giornalistico – In ‘’Eretici digitali’’ Massimo Russo e Vittorio Zambardino spiegano come la rete non possa illudersi di essere uno ‘’spazio senza conflitti’’ e come, alla fine, ‘’solo il buon giornalismo’’, quello che ha nel suo Dna il racconto del potere e il dipanamento della complessità, possa dare valore alla rete

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Il racconto giornalistico non è più l’ unico racconto possibile del mondo ma la sua funzione – ‘’quella insostituibile funzione ordinatrice della notizia che (… ) separa l’ inessenziale da quello che è vitale, la sostanza dal residuo’’ – rimane intatta, al di là dello stesso destino dei giornali e dei giornalisti.

Massimo Russo e Vittorio Zambardino* sono netti: se il giornalismo ‘’è in pericolo’’ – dicono –, lo è anche la rete, ma nessuno dei due può fare a meno dell’ altro. E alla fine è solo il buon giornalismo che potrà dare valore alla rete.

Perché è il buon giornalismo che ha nel suo DNA il racconto del potere, ‘’il dipanamento della complessità’’, l’ analisi dei conflitti, delle forze e delle disparità in campo, che è poi quel ‘’piatto forte’’ senza di cui – commentano Russo e Zambardino – un giornale online diventa nient’ altro che ‘’un portale tecnologicamente un po’ povero’’.

E’ il tema della presenza costante del conflitto e della sua individuazione come strumento principale di lettura del mondo il motivo conduttore di ‘’ Eretici digitali/La rete è in pericolo, il giornalismo pure. Come salvarsi con un tradimento e 10 tesi’’ – uscito nei giorni scorsi per i tipi di Apogeo in creative commons (ne avevamo annunciato l’ uscita qui).

La rete non può illudersi di essere uno spazio senza conflitti
La rete – dicono Russo e Zambardino – non può illudersi di essere uno spazio senza conflitti perché dove c’ è potere c’ è conflitto e perché alla fine bisognerà pure fare i conti con i nuovi padroni : i padroni dei ‘’tubi’’, delle infrastrutture, del sistema nervoso del nuovo mondo.

Che invece rischiano di restare assolutamente opachi se il rifiuto del conflitto, la ‘’presunzione’’ di una condivisione pacifica e totale (assolutamente orizzontale) e la convinzione della inutilità (anzi, della tendenziosità) di qualsiasi mediazione e di qualunque mediatore, diventano una vera e propria ‘’mistica’’.

La ‘’mistica dell’ innovazione’’

Questa ‘’mistica dell’ innovazione’’ in alcune zone della rete diventa quasi superstizione, col prevalere di una cultura ‘’che regolarmente tratta come peggior reazionario chiunque faccia rilevare con critiche non conservatrici l’ assurdità o le incongruenze degli sviluppi della rete’’ (pag. 19).

Secondo i due autori, la visione apologetica della rete produce guasti anche in teorici (e produttori) di alto livello, come Giuseppe Granieri, ‘’un pensatore rigoroso,un ottimo scrittore e una persona onesta. Il che non guasta’’. ‘’La sua descrizione della società digitale è puntigliosa, documentata, accorta’’, ma ‘’il suo pensiero si inceppa laddove si fermano altri pensatori legati a questa stagione di pensiero. E’ come se il suo sguardo, eminentemente sociologico, si fermasse sempre all’ esterno del fenomeno che vede e descrive’’.

‘’Granieri – notano Russo e Zambardino – pensa davvero possibile che la rete assurga alla forza di un mezzo senza toccare il conflitto e il potere. Condivide questa illusione con tutto il web 2.0, che nelle sue punte ideologiche più aggressive arriva a immaginare lo scenario di un mondo senza media-intermediatori, cioè senza giornalisti’’. Mentre il punto vero rimane: fare informazione significa alla fine ‘’vedere il potere e misurarsi con esso’’. (pag.21-22).

E il potere, continuano, non è solo ‘’il Mangiafuoco dei media’’. ‘’Non è la proprietà dei media dei conta, è il potere che declina i racconti del giornalismo’’, anche se poi il giornalismo vero, nella sua accezione alta di servizio civile, non è altro che ‘’necessaria infrazione alle regole poste dal potere, trasgressione continua: di una legge che vieta, di apparati che controllano, ma anche delle regole di buona educazione dell’ establishment’’.

E per quanto riguarda la rete, secondo Russo e Zambardino, se si parla della possibilità per domani di una informazione democratica, civile, consapevole, ‘’dobbiamo per prima cosa descrivere correttamente l’ oggi. E l’ oggi della rete non descrive proprio un domani senza padroni. Gatekeeper e nuovi padroni sono assenti dal narratore della blog generation e della società digitale. Motori di ricerca, Signori dei Database, Società di Telecomunicazioni, Padroni dei Dispositivi non esistono?’’. (p. 23).

I nuovi padroni? Esistono, esistono…

Esistono, esistono – dice ‘’Eretici digitali’’, che alla potenza dei nuovi intermediari, alla opacità delle piattaforme pubblicitarie e ai padroni dei ‘’tubi’’ dedica i capitoli centrali, dando conto analiticamente e con estrema chiarezza della forza vertiginosa che hanno nelle mani. Pensiamo a Google ad esempio – di cui Russo e Zambardino riescono finalmente a ricostruire la vera natura (altro che ‘’Don’t be the evil’’, non fare il male, il motto della casa di Mountain View) mostrando quanta complessità – e quali abissi, anche – ci siano nella realtà.

Ma ci vuole uno sguardo mirato per vedere oltre la superficie di quella ‘’grande G’’, una enorme macchina levigata che, come sintetizzano perfettamente, finisce per diventare ‘’il paradigma stesso della realtà per nove utenti di internet su dieci in Italia’’.

E invece Google (pag. 128) è:

– Leader assoluta del mercato pubblicitario a performance;
– Intermedia più della metà degli annunci pubblicitari della rete;
– Le informazioni messe a disposizione degli utenti di servizi come AdSense o Doubleclick sono opache e unilaterali, non certificate da terzi;
– I parametrici formazioni dei prezzi delle aste sono di esclusivo appannaggio di Google;
– Nella visibilità dei siti si verificano brusche e improvvise variazioni
– Che possono significare la vita o la morte per un modello economico;
– Gli stessi fondatori di G., Brin e Page, nella loro tesi di dottorato avevano affermato che mescolare ricerca e pubblicità potesse essere particolarmente pericoloso per gli utenti…

E quindi, 11 anni dopo la sua fondazione, è evidente che ‘’un motore di ricerca per la rete sia una faccenda troppo seria e importante per lasciarla a una società privata’’.

Russo e Zambardino citano Cory Doctorow, scrittore e futurologo canadese: ‘’La questione di quel che possiamo o non possiamo vedere quando cerchiamo risposte richiede una soluzione trasparente e partecipata. Non c’ è dittatore abbastanza benevolo cui poter conferire il potere di determinare la nostra agenda politica, commerciale, sociale e ideologica. E’ un potere che deve spettare ai cittadini. Messa in questi termini, la faccenda pare quasi ovvia: se i motori decidono la pubblica agenda, allora dovrebbero essere pubblici. Quel che non è ovvio è come raggiungere un tale obbiettivo’’.

‘’Esserne ereticamente consapevoli – commentano Russo e Zambardino – è già un primo passo’’.

Ed è un passo non trascurabile verso lo smantellamento dei tre dogmi che gli ‘’eretici digitali’’ dovrebbero puntare a rompere: quelli posti dal potere, quelli della ‘’gente della rete’’ e i ‘’dogmi del giornalismo’’.

Il volume prende in esame in profondità questi tre fasci di questioni per aprire il campo a delle ipotesi di superamento delle diverse crisi in atto. Sì, anche quella del digitale, ‘’un ‘nuovo universo’ che, appena arrivato, rischia già di scomparire, ingoiato dagli establishment, normato da una politica letteralmente ‘ignorante’, condizionato e riconquistato da vecchi e soprattutto nuovi padroni e doganieri’’.

Come potrebbe salvarsi? Secondo i due autori, ‘’potrebbe salvarsi alleandosi con una vecchia tigre: il giornalismo, inteso non come industria ma come pratica e cultura del Racconto’’.


‘’Riavviare’’ il giornalismo

Un giornalismo spazzato dal vento dell’ eresia e ‘’rifondato’’, anzi ‘’riavviato’’ come un computer che riparte dopo l’ inserimento di nuovi programmi (un intero, ampio capitolo, il nono, è dedicato proprio al’’reboot del giornalismo’’), con i giornalisti ‘’chiamati a rimettersi in gioco e ad abbandonare rassicuranti e morenti rendite di posizione’’. Mentre ‘’il contenuto, il giornalismo come insieme di criteri del mestiere e di rigore professionale, di capacità di racconto dei meccanismi del potere, va rimesso al centro di un universo digitale del quale non ha più esclusiva di rappresentazione’’ (p. 171).

Si tratta – spiegano gli autori – ‘’di realizzare un modello aperto, dove il valore della testata – la credibilità e il rapporto di fiducia con i lettori che essa rappresenta – sia recuperato e presente in ogni frammento dell’ informazione’’ (p. 172).
Naturalmente i passi da fare sono molti e i dubbi anche. Massimo Russo e Vittorio Zambardino li analizzano ampiamente con un lavoro che dà conto di tutta la complessità del reale. E se ad alcune questioni che il dibattito di questi ultimi anni ha posto è possibile dare una risposta, anche sulla base delle diverse esperienze di nuovo giornalismo tentate finora – e di cui il nono capitolo del libro dà ampiamente conto -, altrik problemi restano ancora aperti e potranno trovare ‘’risposte solo cammin facendo’’ (p. 190).

Una per tutte : ‘’come sostenere i costi del giornalismo di qualità senza togliere senso alla rete, senza tornare indietro ai tempi (…) dei recinti chiusi di inizio anni Novanta’’?

Non c’ è ancora una risposta esaustiva, anche se è chiaro che ‘’reboot e ricerca di nuove strade di valorizzazione dovranno procedere appaiate’’. Perché, alla fine, ‘’senza valore, senza buon giornalismo, non c’ è né ci sarà nulla per cui valga la pena di pagare’’ (p. 223)

Conclusioni…

‘’I fondamenti dell’ eresia sono tutti qui: una rete libera contro la politica normalizzatrice, una cultura che cambia il giornalismo dal di dentro, la rete che fa crescere soggetti nuovi che sparigliano il tavolo e cambiano i termini del discorso. Per il momento l’ Italia ha nuovi quotidiani di carta, creature deboli. Ma noi ci speriamo ancora. Rubiamo (a Victor Hugo, ndr) un buon concetto: ‘Nulla è più forte di una idea il cui tempo sia venuto’ ‘’ (p. 227).

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*Massimo Russo è direttore di kataweb.it e da cinque anni cura il blog Cablogrammi.

Vittorio Zambardino è inviato di Repubblica.it per la cultura digitale e cura il blog Scene digitali.

La conversazione – avvertono i due autori – continua online su www.ereticidigitali.it . Dove sono già stati pubblicati i primi quattro capitoli del libro.

Eretici digitali è anche in libreria (vedi qui).

Eretici digitali è ora anche un Premio giornalistico, istituito insieme al Festival internazionale del giornalismo di Perugia (vedi http://partecipativo.info/cultura-digitale/un-premio-agli-eretici-digitali/).