Quarto abbandono in 3 anni al LAT contro i tagli dell’ editore

Il logo del Lat Il direttore James O’Shea ha lasciato l’ incarico per protesta contro nuovi tagli – In un messaggio alla redazione si dice invece convinto che ‘’si guadagna di più offrendo di più’’ – “Anche in tempi duri – scrive – la risposta di lungo periodo ai problemi industriali deve essere un investimento saggio, non una contrazione” – ”E’ una teoria interessante – ha ribattuto l’ editore – ma non funziona”

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di Matteo Bosco Bortolaso

New York – Per la quarta volta in meno di tre anni, i vertici del Los Angeles Times – uno dei giornali più prestigiosi degli Stati Uniti – vengono azzerati. Il direttore James O’Shea – che aveva lavorato al quotidiano cugino Chicago Tribune – se ne va, così come avevano già fatto un editore e due giornalisti che sedevano sulla sua stessa poltrona. Il motivo non è cambiato: resistere ai tagli voluti dall’azienda.
Le sventure della testata losangelina cominciano nel 2005, quando – dopo un primo giro di licenziamenti e la minaccia di altri –  il direttore John Carroll decide di andarsene. Quindi è la volta del suo sostituto, Dean Baquet, che abbandona  l’azienda assieme all’editore, Jeffrey Johnson.

Il Los Angeles Times e il Chicago Tribune fanno parte della Tribune Company, la società editrice ora in mano al re del mattone Samuel Zell. Il nuovo proprietario aveva dichiarato che avrebbe risolto i problemi delle testate con nuove entrate, non con un giro di tagli. Recentemente, però, il magnate del mercato immobiliare ha detto di lasciare libertà alle diverse aziende controllate. Di conseguenza, l’editore Hiller, che ha chiesto a O’Shea di lasciare il giornale, ha il “pieno appoggio” del re del mattone.

Hiller aveva ordinato al direttore di tagliare i costi della redazione per quattro milioni di dollari. L’editore aveva inoltre annunciato in novembre di aver intenzione di rimpicciolire la redazione entro la fine di quest’anno.

Il possibile successore di O’Shea potrebbe essere Russ Stanton, ex responsabile della sezione economica del Los Angeles Times che per dodici mesi si è occupato dell’innovazione della testata e in particolare del suo sito web.

“Sono in completo disaccordo con il modo in cui questa azienda alloca le risorse nelle redazioni, non solo qui ma anche in altri giornali”, ha scritto l’ex direttore in un memoriale al personale della testata, dove si difende la filosofia: “si guadagna di più offrendo di più”. O’Shea sostiene di aver convinto più persone a leggere il Los Angeles Times con una rinnovata versione domenicale e una maggiore copertura della moda.

“Anche in tempi duri – scrive – la risposta di lungo periodo ai problemi dell’industria deve essere un investimento saggio, non una contrazione”. Secondo il direttore non bisogna decidere pensando soltanto all’economia, ma anche alla creatività e le risorse dei giornalisti. “Se devi prendere in considerazione la chiusura di uffici di corrispondenza all’estero e mettere meno risorse per alcune sezioni del giornale, con l’obiettivo di avere i soldi necessari a raccontare le Olimpiadi o la più memorabile campagna politica dei tempi moderni, beh, non c’è piano per il futuro, non si servono i nostri lettori. E’ semplicemente stupido. (…) La storia mi darà ragione”.

“Risolvere i problemi dell’industria spendendo di più? E’ una teoria interessante – ha ribattuto Hiller – ma non funziona”.