le Monde e la Repubblica, due diverse culture dell’ immagine

Il richiamo sulla prima pagina di Repubblica Su Fotografia&informazione un articolo sulla vicenda di alcune foto che sarebbero state erroneamente fatte passare per immagini delle vittime di Hiroshima – Marginalità, funzione decorativa, subalternità del lavoro fotografico: in un episodio relativo a un errore di attribuzione si delineano due diverse culture del sapere iconografico

———-

Marginalità, funzione decorativa, subalternità del lavoro iconografico. I vizi della cultura giornalistica italiana nei confronti del contributo che le immagini danno ai giornali – soprattutto ai quotidiani – sono venuti nuovamente a galla in un recente episodio a cui è dedicata un’ ampia analisi su Fotografia&informazione.

Si tratta delle presunte foto delle vittime di Hiroshima, pubblicate nei giorni scorsi da alcuni quotidiani europei, fra cui la Repubblica in Italia e le Monde in Francia. Fra le foto sarebbero state inserite alcune immagini di un terremoto avvenuto nei pressi di Tokyo nel 1923, e cioè 22 anni prima.

La vicenda – piuttosto intricata – è ripercorsa in un articolo da Andrea Paracchini*, a cui comunque, al di là dell’ errore, interessa soprattutto segnalare come sia stata diversa la reazione del quotidiano francese rispetto a quello italiano. E quindi quali diverse culture editoriali ci siano dietro quelle diverse reazioni.
"Su le Monde – sottolinea Baracchini – è intervenuto direttamente il garante dei lettori che, in un lungo pezzo – Le piège des photos (La trappola delle foto) -, “riprende l’intera vicenda e ritorna sulle responsabilità degli attori coinvolti, compresa la redazione, spiegando, tra l’altro, che l’interesse per le fotografie è nato leggendo la copertura data da Repubblica. Sono significativi soprattutto gli ultimi due passaggi del pezzo: “Le Monde, in fin dei conti, ha soprattutto sbagliato per eccesso di fiducia, accordando una credibilità eccessiva ad un’istituzione riconosciuta (gli Hoover Insitution Archives, ndt). E così ha infranto, senza volerlo, una regola d’oro del giornalismo: la verifica incrociata delle fonti. (…) Sola consolazione: non si è trattato di una manipolazione, ma di una trappola fortuita, quasi inevitabile. La storia della fotografia è zeppa di casi analoghi (…). Ragione di più per raddoppiare la prudenza in futuro. Non apprezzeremo mai abbastanza la virtù del dubbio…”.

"In ogni caso – secondo Baracchini -, “se non altro i lettori di Le Monde hanno avuto diritto ad una rettifica completa, evidente e chiara ed hanno potuto pretendere, in maniera anche dura, una risposta ai loro dubbi da parte del garante. Inoltre le immagini in questione sono state mantenute accessibili sul sito del quotidiano, ma corredate da una didascalia che precisa con completezza la dubbia attribuzione delle foto.

Di cosa si sono dovuti accontentare invece i lettori di Repubblica? Cosa è stato pubblicato a complemento del lungo ed ispirato pezzo di Vittorio Zucconi in prima pagina (a cui l’inautenticità delle foto nulla toglie…ma induce forse a riflettere su quanto marginali e accessori siano alle volte i fatti rispetto ai commenti sulle pagine dei quotidiani, al punto che i secondi possono benissimo fare a meno dei primi)?

Semplice: un trafiletto di 500 battute a pagina 20 del 14 maggio, nella sezione politica estera, dal titolo, peraltro inesatto: Hiroshima, dubbi sulle foto rimosse dagli archivi Hoover . Nessuna spiegazione, nessun mal di pancia deontologico, nessun buon proposito per l’avvenire.

Quanto alle foto poi – conclude Paracchini – , la galleria “Hiroshima, le foto dell’ orrore ritrovate dal soldato Capp” era presente sul sito sinbo a qualche giorno fa  senza la benché minima didascalia (nemmeno i crediti fotografici, ma certa cura, si sa, in Italia la si trova solo su Internazionale)”.

—–

* Andrea Baracchini è laureato in Comunicazione Pubblica, Sociale e Politica all’Università di Bologna. Vive a Parigi e lavora all’Agence d’ Information Reporters d’ Espoirs.