La Cecenia e il giornalismo di scena a Ferrara

out-215.jpg La Russia al centro di diversi momenti agli incontri organizzati nella città emiliana dalla rivista Internazionale (“Un weekend con i giornalisti di tutto il mondo”)

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di Valentina Barbieri

Per tre giorni Ferrara è stata il centro del mondo. E in senso meno traslato di quanto ci si potrebbe aspettare.

La città, che nonostante le dimensioni ha più volte dato prova di accoglienza generosa, è stata per il secondo anno la scenografia degli incontri organizzati dal settimanale Internazionale.

Quest’anno le occasioni di parlare di Russia sono state diverse, anche se perlopiù incentrate sul tema ceceno.

Sabato pomeriggio, in particolare, un cinema Apollo traboccante ha visto l’incontro “Russia. Ritorno in Cecenia”, in cui sono intervenute Åsne Seierstad, reporter norvegese ed inviata in Cecenia, e Milana Terloeva, giornalista e scrittrice cecena.

L’incontro ha fatto emergere aspetti meno conosciuti del legame tra giornalismo e Cecenia, come il meccanismo dell’autocensura, per cui i giornalisti scelgono appositamente di lavorare in contesti più controllati.
Particolarmente interessante è stato poi il confronto, operato dalla Seierstad ,sul lavoro della corrispondente in Cecenia nell’ epoca di El’cin e nell’epoca di Putin.
L’ esperienza della giornalista finlandese si rifà al 1995, quando fare giornalismo in Cecenia era per uno straniero una cosa completamente nuova, che includeva difficoltà come noleggiare un’auto o ottenere permessi speciali. Ma nell’epoca di El’cin tutto sembrava possibile, per disinteresse del governo e per la poca consapevolezza del potere della stampa.

È stato Putin a capire invece il potenziale della parola libera, e per questo da qualche anno è diventato più difficile andare in Cecenia, c’è molta più sorveglianza e burocrazia. A detta della giornalista finlandese, questa chiusura della frontiera e del dibattito ha fatto sì che buona parte dell’opinione russa, che nel 1991 era contraria alla guerra in Cecenia, si sia spostata verso
toni più nazionalistici.

Rispetto alla visione che hanno i ceceni di quello che si dice all’ estero della situazione nazionale, le due giornaliste condividono
una certa amarezza.

È la Terloeva a tenere un tono più combattivo, portando gli ascoltatori a riflettere su come dev’essere stato per i ceceni vedere
i leader occidentali che stringono la mano a Putin e lo ritengono un democratico.
Più moderata, ma nemmeno troppo, la Seierstad, che dichiara che i ceceni “si sentono dimenticati perché sono stati dimenticati”, aggiungendo di non essere sicura che i ceceni siano consapevoli di quello che scrivono di loro, a causa della poca informazione e del controllo sui media locali e statali.

Troppi spunti e troppo scarsa la nostra conoscenza del tema. Ad ogni nuovo accenno si spalancavano nuove riflessioni e nuove domande. Come sempre in questi casi, a troncare il dibattito è stato l’incalzare del programma: l’inizio della proiezione del film “Letter to Anna”, documentario su Anna Politkovskaja di Eric Bergkraut.

E mentre le immagini scorrevano, nell’aria era rimasta, quasi palpabile, la lapidaria considerazione della Terleova “All’epoca dello
zar c’erano banditi, all’epoca di Stalin c’erano i traditori, all’epoca di Putin ci sono i terroristi”.