Giornalimo investigativo: un esperimento di nuova committenza

out-116.jpg Spot Us ha lanciato un sito che invita i cittadini dell’ area di San Francisco a proporre idee di inchieste giornalistiche e a partecipare, con piccole somme di danaro, alla loro realizzazione da parte di un gruppo di giornalisti professionali – E’ un esperimento di cosiddetto “Community-funded journalism”, in cui i cittadini diventano partecipi del lavoro di giornalismo investigativo anche come committenti – Il “crowdfunding” dopo il crowdsourcing, sulla scia anche del “modello Obama

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 “Community-funded journalists”, giornalisti pagati dalla comunità per approfondire questioni di interesse collettivo. E’ un nuovo esperimento di giornalismo basato su un rapporto più diretto con i cittadini, che suggeriscono determinati problemi e pagano, come committenza, per il lavoro di investigazione giornalistica da compiere.

Il test è stato avviato nell’ area di San Francisco Bay, in California, da SpotUs, che ha cominciato ad usare il suo sito, spot.us, (Community Funded Reporting, è il sottotitolo del sito) per sollecitare idee per articoli di approfondimento investigativo e soldi per pagare i giornalisti impegnati in questo lavoro. Ma l’ esperimento – racconta Sarah Kersaw sul New York Times – sta raccogliendo anche  le preoccupazioni del giornalismo di poter essere comprati dal miglior offerente.

L’ idea è che chiunque può proporre gli argomenti, fra cui i redattori di Spot Us scelgono quelli da approfondire. A quel punto l’ onere ricade sui cittadini a cui viene chiesto di contribuire finanziariamente per coprire tutti i costi preventivati. Se i soldi non si materializzano, l’ idea resta sulla carta.

“Spot Us vuole sperimentare un nuovo senso del potere editoriale del pubblico”, dice David Cohn, un giornalista di 26 anni che è riuscito ad ottenere 340.000 dollari dalla Knight Foundation per sperimentare questa idea. “Non sono la Fondazione Bill and Melinda Gates, ma posso dare 10 dollari. Questo è il modello Obama, il modello Howard Dean.”

Si tratta – aggiunge Kersaw – di campagne che hanno rivoluzionato la politica usando il potere del web per raccogliere piccole somme di danaro da molte persone, facendo sentire il cittadino medio parte del processo in una maniera che non si era mai verificata. Allo spesso modo Spot Us spera di spingere i cittadini a partecipare all’ impresa della raccolta e diffusione delle notizie, che, come mostrano varie ricerche, molta gente considera ora poco affidabile, parziale ed elitista.

Altre imprese hanno raccolto fondi con questo sistema che, nell’ età di internet, è stato definito “crowdfunding”, dal termine crowdsourcing, un metodo che cerca di utilizzare i cittadini, via internet, per compiere dei lavori che gli addetti e gli esperti non fanno più: informazione, ricerca e sviluppo, design, fotografia, grafica e scrittura pubblicitaria. Col  crowdsourcing, i cittadini forniscono i contenuti, col crowdfunding i soldi.

Le associazioni di beneficenza hanno usato il crowdfunding, anche se non lo chiamavano così, per anni. E uno studio di Hollywood, Brave New Worlds, sta finanziando i suoi film raccogliendo dalla gente via internet fondi per la produzione.

L’ esperimento Spot Us arriva nel momento in cui i giornali Usa stanno mandando a casa cronisti e redattori a centinaia e stanno riducendo il lavoro di “copertura” giornalistica per cercare di superare la crisi finanziaria determinate, in una certa misura, anche dalla diffusione di Internet. Un altra impresa sperimentale, Pro Publica (Vedi Lsdi: Parte ProPublica, giornalismo investigativo finanziato da una Fondazione), un gruppo nonprofit guidato da Paul Steiger, un ex direttore del management del Wall Street Journal, viene finanziata attualmente da diverse grosse Fondazioni per realizzare progetti di giornalismo investigativo, che poi vengono offerti a quotidiani e riviste.

Spot Us progetta di pubblicare i servizi sul suo sito web o di offrirli ai giornali che vogliono pubblicarli. Se un giornale vuole l’ esclusiva, la deve pagare.

Alcuni critici ritengono che l’ idea di usare il crowdfunding per finanziare il giornalismo fa sorgere alcuni problemi. Per esempio, se un gruppo di cittadini paga per un articolo, che differenza c’ è con un’ azienda di tabacchi che sponsorizza un articolo sul fumo? (Spot Us comunque limita al 20% del costo di ogni singolo articolo il contributo che è possibile versare).

Jeff Howe, un collaboratore del Wired Magazine di cui sta uscendco in questi giorni un libro dal titolo “Crowdsourcing: Why the Power of the Crowd is Driving the Future of Business”, ritiene che il sistema del crowd, il ricorso ai contributi di gruppo, possa essere “una minaccia per le redazioni ma anche una delle tante strategie che potrebbe salvare i giornali”.
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Jay Rosen, docente di giornalismo alla New York University e animatore dell’ esperienza di Assignment Zero (zero.newassignment.net) (vedi Lsdi: Assignement zero, giornalismo investigativo aperto a tutti) , è stato uno dei principali critici del modello tradizionale di fare cronaca. Ora, con i problemi finanziari dell’ editoria quotidiana, avrà probabilmente una audience molto più ricettiva.
 “Quel business model è a pezzi ormai”, ha detto. “Siamo al punto in cui nessuno sa davvero dove andranno i  soldi dell’ industria editoriale. Sono convinto che abbiamo bisogno di fare molti esperimenti: molti di questi non funzioneranno e avremo vari fallimenti. Ma c’ è bisogno di varare molte imbarcazioni”.