E’ scontro fra Google ed editori sulla “protezione” dei contenuti

Acap Il motore di ricerca si rifiuta di applicare ACAP, il nuovo sistema messo a punto dagli editori per ottenere criteri più efficaci di protezione dei diritti – Google: “Noi vogliamo solo indirizzare gli utenti sui siti dei giornali. Perché gli editori non vogliono approfittare di questa opportunità?” – Gli editori: “Google vorrebbe usare i nostri contenuti senza pagare”

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Google ha di nuovo rifiutato di usare l’ Automated Content Access Protocol (ACAP), la tecnologia di protezione dei contenuti che, secondo gli editori, potrebbe mettere fine al conflitto fra produttori di informazione e motori di ricerca sull’ uso dei contenuti stessi. Lo annuncia Journalism.co.uk.

La decisione rinfocola i contrasti fra il motore di ricerca e i produttori di contenuti e qualche commentatore ritiene che siano in atto le prime avvisaglie di una “guerra” che opporrà Google e gli editori nei prossimi anni.

In effetti si tratta di una partita decisiva. Pur non producendo direttamente contenuti, l’ azienda di Mountain View, attraverso l’ aggregatore di notizie Google News, potrebbe diventare un potentissimo concorrente sul piano del controllo dell’ accesso all’ informazione.

L’ ACAP
I primi che hanno adottato ACAP (vedi Lsdi, Parte il nuovo sistema per la protezione dei contenuti online ) sono gli stati maggiori dell’ editoria giornalistica internazionale: la World Association of Newspapers (WAN), l’ European Publishers Council (EPC) e l’ International Publishers Association (IPA), secondo cui il protocollo consentirebbe ai motori di ricerca di capire meglio le condizioni di utilizzo dei materiali decise da editori e distributori di contenuti.

Rob Jonas, capo della sezione Rapporti editoriali per Google in Europa, ha detto però nei giorni scorsi a Londra di essere convinto che gli attuali protocolli utilizzati attualmente da Google siano sufficienti. E ha aggiunto che, sebbene Google fosse stata coinvolta nei gruppi di ricerca del progetto Acap, non ha intenzione di adottarlo.

Come si spiega sul sito web di ACAP , il nuovo protocollo, presentato il primo dicembre 2007,  dovrebbe consentire ai produttori di comunicare automaticamente ai motori di ricerca, attraverso un “bollino digitale”, il modo con cui i loro prodotti possono essere usati.  

FollowTheMedia
In sostanza – spiega Philip M. Stone su Follow The Media (Ftm) – Google dice che i giornali che non vogliono, per questioni di copyright o altri motivi,  che vengano “presi” i loro testi, possono applicare il sistema “robots.txt” (che dovrebbe bloccare l’ uso dei materiali), ma gli editori rispondono che questo è solo un sistema di bloccaggio che dice solo “sì” o “no”, mentre ACAP comunica automaticamente con i motori di ricerca, dicendo ai robot interni che cosa devono fare con ciascuna pagina: pubblicala tutta, pubblicane solo una parte, assolutamente vietato toccarla. Ma, se i robot dei motori di ricerca non “parlano” con ACAP, e Google ha riconfermato questa settimana che non lo faranno, allora il sistema non funziona.

Botta e risposta
Google sostiene di non capire perché gli editori siano seccati dal fatto che i motori di ricerca facciano di fatto promozione dei loro prodotti giornalistici e indirizzino gli utenti direttamente ai loro siti web. Gli editori insistono sul fatto che vogliono essereloro a decidere a quale materiale Google può avere accesso.

Per evidenziare fino a che punto Google aiuti concretamente i giornali, Jonas ha detto che fin dall’ ottobre scorso, quando il Financial Times aprì il suo sito a Google News rendendo 30 articoli disponibili gratuitamente ogni mese, quell sito ha avuto un incremento di traffico del 75% e ha guadagnato 230.000 nuovi utenti registrati. Perché gli altri editori non vogliono approfittare di una simile opportunità per aumentare i propri lettori?

Gavi O’Reilly, residente di WAN, ha replicato spiegando che Google aveva partecipato a “12 mesi di intensivi approfondimenti sul piano industriale” e di discussioni sulla non utilità del sistema robot.txt, e quindi gli sembrava un po’ strano che Jonas si fosse lamentato con i giornali di “problemi di comunicazione”.

A chi gli chiedeva se i media tradizionali considerassero Google un nemico, ha risposto. “L’ unica cosa che ho imparato negli ultimi due anni è che gran parte di queste preoccupazioni e paure vengono da incomprensioni. Se noi avessimo il tempo per sederci fra voi e spiegare quali sono i nostri obbiettivi, potremmo chiarirvi qual è il nostro modo di fare le cose. Ma ovviamente non possiamo farlo. E’ solo una mancanza di comprensione dettagliata di quello che stiamo cercando di fare”.

E questo – commenta Stone – non è stato ottenuto durante 12 mesi di discussioni “intensive” con il consorzio ACAP?

“Google vuole solo indirizzare il traffico sui siti dei giornali…”
Jonas ha sottolineato che tutto quello che Google vuole è indirizzare il traffico verso i siti web di informazione in tutto il mondo, e perché quindi gli editori dovrebbero dolersene?

L’ anno scorso, un manager del sito web del Daily Telegraph (UK) presentò il caso Google in questi termini: “Io voglio che la gente trovi i contenuti del Telegraph in qualsiasi modo voglia. Che sia attraverso Google News, o gli RSS, o qualche strumento ancora oscuro che io non conosco, un link da un widget sul blog di chiunque sia, non mi importa.  Vieni, venite tutti. La sola idea dell’ esclusione è ridicola per qualsiasi editore che abbia un modello economico basato sulla pubblicità e che quindi faccia del traffico il dato su cui fatturare”.

E’ proprio il punto – conclude Stone – a cui la gente di ACAP non ha ancora assolutamente risposto.

La battaglia fra Google ed editori
Probabilmente, afferma  Matthew Buckland su Poynter.org, sono le prime avvisaglie di quella che potrebbe diventare una battaglia chiave fra Google e i proprietari dei media nei prossimi anni.

“Personalmente penso che questo scontro si svolga intorno ai soldi (e che altro potrebbe essere?). WAN probabilmente si batterà per il controllo degli accessi e il rispetto dei diritti sui contenuti. Tuttavia, controllare l’ accesso ai contenuti significa che gli editori dovrebbero essere in una posizione tale da costringere Google a navigare o indicizzare i loro contenuti, anche in forme aggregate.

In sintesi le due posizioni nella battaglia sono queste:

– L’ argomento contro Google: Perché Google dovrebbe aggregare e diffondere contenuti per cui non ha pagato? I contenuti che vengono dagli editori hanno dei costi.

L’ argomento a favore di Google: Che altro dovrebbe fare un motore di ricerca? Deve aggregare i titoli e i sommari per convogliare gli utenti verso i siti. Probabilmente Google News è un brand giornalistico concorrente che presenta contenuti appartenenti ad altri siti d’ informazione. Ma il motore di ricerca è stato anche molto attento a NON monetizzare Google News attraverso la pubblicità di Adsense – una mossa che avrebbe fatto infuriare gli editori, i quali avrebbero potuto protestare accusando Google di fare soldi con i loro contenuti.

Comunque anche WAN – prosegue Buckland – dovrebbe stare attenta. Sebbene essa rappresenti la potente lobby degli editori cartacei e di quelli online, la comunità editoriale è tutto fuorché unita saldamente su questo problema. Google può aggregare i contenuti degli editori, ma è anche una immense fonte di traffico (e in qualche caso di reddito) per gli editori. Molti editori online sarebbero riluttanti a battersi contro Google – soprattutto i più piccoli e quelli di media dimensione, che fanno parecchio affidamento sul motore di ricerca”.