TMZ, il terrore per le celebrità corre sul web


Dopo il successo di Drudge Report, gran fiorire di gossip sulla rete – Il direttore Levin: ‘’Siamo la Associated press del mondo dello spettacolo. Noi mettiamo tanta passione per Britney Spears quanta la NBC ne mette per Bush” . E come risultato il sito è diventato l’incubo delle celebrità

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di Matteo Bosco Bortolaso

New York – In principio era Drudge Report, il sito che per primo parlò di una certa Monica Lewinsky, stagista alla Casa Bianca. Poi su Internet, il luogo più adatto ai pettegolezzi del nuovo millennio, è stato un gran fiorire di gossip.

Adesso sulla cresta dell’onda c’è TMZ, consultato dai media tradizionali per avere informazioni fresche e piccanti. Harvey Levin, fondatore del sito, viene definito dal New York Times “il futuro del giornalismo sulle celebrità”. Lui dichiara orgoglioso: “Siamo diventati la Associated Press del mondo dello spettacolo”.

Il sito, che è nato nel dicembre 2005 e vanta nove milioni di visitatori al mese, ha ridisegnato il mondo delle celebrità a stelle e strisce. Perfino gli avvocati di attori e cantanti di Hollywood sanno che nella loro strategia difensiva devono mettere in conto anche il capitolo TMZ.

Per il seguitissimo caso di Paris Hilton incarcerata il sito ha battuto tutti pubblicando in anteprima e in esclusiva il video della donna che entra nel centro di detenzione.

Il sito è stato così veloce e affidabile che Levin è stato chiamato dalla CNN per sostituire Larry King nello show che porta il suo nome e ha illustrato al pubblico le scorribande di Paris.

Il direttore, un ex avvocato, ha sfruttato assieme a Jim Paratore le potenzialità offerte da Internet creando una miniera di documenti, carte dai tribunali, registrazioni non ufficiali, scatti esclusivi dei paparazzi.

In passato Kevin aveva fatto il reporter investigativo per la KCBS di Los Angeles e aveva anche creato la serie -poi cancellata- Celebrity Justice, in cui si occupava di processi di alto profilo come il caso O.J. Simpson.
Successivamente però, racconta il New York Times, il giornalista ha pensato che il ciclo di notizie a ventiquattro ore e la libertà offerta dal web fossero più adatte al suo “metabolismo competitivo”.

TMZ, che sta per Thirty Mile Zone, l’area di trenta miglia popolata dalle celebrità di Los Angeles, è di proprietà della AOL e della Time Warner, che la controlla attraverso la Telepictures Productions. Le aziende non dicono quanto TMZ frutta loro, ma sicuramente produce profitti.

“Noi mettiamo tanta passione per Britney Spears quanta la NBC ne mette per Bush” racconta Levin. E come risultato il sito è diventato l’incubo delle celebrità.
TMZ ha danneggiato non poco Mel Gibson per le sue uscite antisemite, Michael Richards per le sue battute razziste in un club che ospita comici, Alec Baldwin che se la prendeva con la figlia al telefono, e Anna Nicole Smith, di cui è stato documentato il frigorifero pieno di metadone e Slim Fast.

Il rapporto con le celebrità è naturalmente di amore-odio: “Noi gli diamo le notizie perché sappiamo che da lì gireranno il mondo in dodici secondi”, dice Stan Rosenfield, agente di George Clooney.

Un suo collega, Howard Bragman, che rappresenta Ricki Lake, Leeza Gibbons, Isaiah Washington, dice che il gioco è molto semplice: si fa filtrare qualcosa in maniera anonima, così può sembrare che qualcun altro lo abbia fatto.

Come per Dagospia in Italia, anche per TMZ la chiave del successo è aver creato un notiziario ufficioso, veicolato in maniera quasi clandestina attraverso Internet.

L’idea funziona, la testata cresce e guadagna credibilità. Ora c’è chi dice che TMZ potrebbe aprire un ufficio a Washington, facendo tremare anche l’establishment politico. Intanto però, è cominciato uno show televisivo trasmesso su diverse testate locali, simile nello stile a Striscia la Notizia.