MORTE E RINASCITA DEL GIORNALISMO QUOTIDIANO

Un saggio di Paul Gillin, scrittore e analista Usa, sul declino dei giornali tradizionali delinea anche il nuovo modello di giornalismo che dovrebbe affermarsi in un mondo in cui l’ informazione sarà abbondante e poco costosa Secondo le sue previsioni, in un futuro neanche tanto lontano, invece di 1.500 quotidiani a stampa, in Usa ci saranno da 5 a 10 ‘’supergiornali’’ e molte migliaia di siti d’ informazione di interesse locale o speciale, in cui la cronaca sarà un processo collettivo e in tempo reale – La superiorità economica dei blog, dove tutto è in outsourcing – Siti con un addetto a tempo pieno e due part-time arrivano a fare 10 milioni di dollari di ricavi l’ anno senza grandi spese di gestione

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di Paul Gillin*
(da http://netb2b.com/article.cms?articleId=30158)

Il pressoché totale collasso dell’ industria dei giornali in America, come sappiamo, è inevitabile. Qualsiasi cosa i giornali dovessero fare per tentare di fermarlo avrebbe dovuto essere fatto vari anni fa ( secondo Slate l’ inizio di questo processo risale alla metà degli anni Settanta). Tutte le tendenze sociali, demografiche ed economiche sono schierate contro il settore. Nel prossimo decennio ci saranno fallimenti, dure ondate di licenziamenti ma anche processi di consolidamento. Sarà doloroso da vedere, ma sarà un processo necessario per l’ industria per reinventare se stessa.
In questo saggio,  cercherò di motivare queste mie convinzioni e di delineare il nuovo – e totalmente diverso – modello di giornalismo che si affermerà quando il ciclo si sarà esaurito. Sarà probabilmente una evoluzione molto eccitante ma nello stesso tempo molto dolorosa.

Un business model sorpassato 

Per prima cosa un po’ di background e qualche premessa. Il business model del giornale quotidiano metropolitano si è sviluppato oltre 150 anni fa in relazione a un sistema di produzione e di distribuzione del prodotto che ormai è diventato irrilevante. C’ era bisogno di un gran numero di addetti per creare contenuti, passarli in tipografia, stamparli su carta e distribuirli con determinati tempi. Il tutto era veramente costoso, ma non si poteva fare a meno di nessun passaggio.
Una gran massa di redattori erano necessari per creare dei contenuti propri. Erano disponibili poche fonti alternative di contenuti, come le agenzie di informazione, ma non c’ era pressoché niente a livello locale.  In ogni caso l’ informazione di agenzia era uguale per tutti i giornali e quindi c’ era bisogno di numerosi giornalisti assunti per riscrivere le notizie di agenzia. In alcuni giornali le redazioni potevano arrivare fino a diverse centinaia di addetti.
I giornali dovevano mantenere una ampia diffusione e gran quantità di abbonati per giustificare le loro tariffe pubblicitarie. La diffusione è costosa. Ed è costoso acquisire nuovi abbonati attraverso la promozione o la posta. Per molti giornali poi il costo di distribuzione non bastava a coprire il piccolo margine di ricavo dalle vendite. Il ricavo dalla diffusione nei giornali è stato anche in caduta negli anni scorsi a causa del taglio dei prezzi e della concorrenza, che ha ancora di più strizzato i margini
I costi dei capitali investiti in stabilimenti, macchine tipografiche, carta, inchiostro e personale addetto alla produzione erano astronomici. I sindacati si sono aggiunti a tutto questo, riuscendo in qualche caso a conservare dei posti di lavoro che già qualche anno fa rischiavano di essere tagliati. C’ erano persone che andavano a lavorare e non avevano letteralmente niente da fare. 
Sommando tutte queste voci, un quotidiano metropolitano deve impiegare diverse centinaia di persone per produrre il giornale. La pubblicità è molto cara a causa dei costi fissi. Il Chicago Tribune, ad esempio, chiede 755 $ per pollice a colonna (1.135 la domenica). Questo business funziona fino a quando gli inserzionisti sono disposti a pagare e per molti anni lo hanno fatto. Visto che i giornali erano considerati uno dei maggiori strumenti per raggiungere i consumatori in determinate aree geografiche.    
L’ aspetto positivo, penso, è che il modello giornale è stato tradizionalmente portatore di profitti e altamente prevedibile. Una volta che un quotidiano aveva raggiunto la leadership nel suo mercato, era praticamente inattaccabile. Quando il consolidamento del settore ha ridotto il numero totale di quotidiani (attualmente ce ne sono 1.500 negli Usa), la pressione della concorrenza si alleviava e il giornale vincitore poteva alzare le sue tariffe pubblicitarie. Fino alla metà degli anni ’90 era una situazione economica assolutamente deliziosa. Persino Internet non ha esercitato una pressione troppo forte sui giornali, per lo meno durante il suo primo decennio.
Ora tutto questo è giunto alla fine. Il business model del quotidiano metropolitano è pronto al collasso che sarà sensazionale nella sua velocità e ampiezza. La causa è il Web 2.0 e l’ enorme superiorità economica di questi business emergenti. 

Un nuovo modello

 Un recente articolo su  – Business 2.0 magazine ha rivelato i guadagni di alcuni dei blogger più popolari. Basta leggere questo articolo per capire l’ economia emergente della blogosfera. Questo nuovo mezzo è di gran lunga il migliore in termini del rapporto costi/efficienza di tutti quelli che verranno sostituiti.   
 ‘’I blog oggi beneficiano di quelle che si possono definire economie di scala’’, spiega Business 2.0. ‘’Sono così poco costosi ad aprirli e gestirli che un solo blogger o un piccolo gruppo, con la potenzialità di espansione di internet, possono accumulare una vasta audience e generare dei livelli di profitto-per-addetto che le aziende tradizionali si possono solo sognare’’.
Prendete  – http://www.fark.com/   – Fark.com, per esempio. Il sito genera 40 milioni di pagine viste ogni mese con una redazione di una persona a tempo pieno e di due collaboratori. Gli unici suoi costi operativi sono le spese per la banda larga. Non produce quasi nessun contenuto originale e non ha costi di capitale. Gli associati contribuiscono con i loro propri contenuti e così non c’ è bisogno di redattori. Il sito va avanti da solo. A breve potrà raggiungere i 10 milioni di dollari di reddito.
 Un altro esempio è Craigslist.org. E’ il quinto sito internet per popolarità, con un giro di circa quattro miliardi di pagine viste ogni mese. Sta sbaragliando letteralmente i giornali sul fronte dei piccoli annunci. Un recente Rapporto ha valutato che Craiglist è costato ai quotidiani di San Francisco qualcosa come 70 milioni di dollari di ricavi in appena un anno. L’ intero staff è composto di 23 persone, tutte a part-time.
Google Blogoscoped, che è la migliore fonte indipendente di notizie e analisi su Google, viene fatto da una sola persona nel suo tempo libero. E in media registra quattro milioni di pagine viste ogni mese. Gizmodo sta crescendo e sta diventando uno dei più importanti blog di internet con un solo collaboratore. Digg.com, che ha appena due anni di vita, è già fra i primi 25 siti del Web. Il suo traffico supera quello di tutti i più noti siti. E ha uno staff di 15 persone.   

Tutto in outsourcing

 Nessuno di questi siti sta ancora facendo soldi a palate, ma è solo questione di tempo. Michael Arrington raggranella 60.000 dollari al mese con TechCrunch. BoingBoing.net ha per obbiettivo di raggiungere un profitto di oltre 1 milione di dollari. Drew Curtis, il fondatore di Fark.com sostiene di essere sulla strada giusta per toccare ricavi fra i 600.000 e gli 800.000 dollari al mese.
Aziende come la Federated Media di John Battelle e la Gawker Media di Nick Denton stanno mettendo a fuoco gli aspetti della resa economica. E non è detto che si debbano fare per forza tutti questi soldi per dire che un sito funziona. Adrants.com per esempre fattura più di 10.000 dollari all’ anno di pubblicità ed è quanto basta a Steve Hall per pagare il suo unico addetto. Non ha quasi costi e viene pagato per fare quello di cui è appassionato.
Come si fa ad avere dei costi di gestione così bassi? Delocalizzando tutto.

  • Il contenuto editoriale è di fatto costruito all’ esterno da un esercito di individui entusiasti e di blogger che trovano informazioni interessanti sul web e le indirizzano agli operatori del sito. Le spese editoriali, che nei quotidiani pesano per circa un terzo dei costi di gestione, sono praticamente zero.
  • La diffusione è affidata a Google e ai link sugli altri siti. Di fatto nel ciclo industriale non c’ è il momento specifico che riguarda la diffusione, perché in questi new media non c’ è un modo di ‘’appropriarsi’’ in maniera stabile i lettori. Si tratta di un modello molto diverso dall’ editoria tradizionale, che è pesantemente legata all’ accertamento della diffusione per la  definizione del costo della pubblicità. L’ accertamento sul web è molto meno stabile ma anche molto meno costoso.
  • La produzione è assegnata all’ esterno a Typepad, Blogger o a qualsiasi altro servizio di hosting a costi minimali. Non c’ è bisogno di designer perché tutto è già disegnato. Molti siti praticamente vanno avanti da soli. 
  • Le vendite infine vengono affidate a Google Ad, Federated Media o altre agenzie. Può darsi che le cose cambino ma per ora la gran parte delle aziende Web 2.0 non possono fondarsi su delle forze vendita agguerrite

Il marketing e la promozione non sono date una volta per tutte. Nel nuovo Web il tuo marketing è il tuo contenuto. La gente o ti linka o non ti linka. Questo crea una forte pressione sugli operatori del sito per aver sempre più freschezza e innovazione, ma non è una brutta cosa.
Questo modello è così convincente che stenderà al tappeto quasi completamente l’ attuale modello del mainstream media.

La spirale dell’ agonia

La nuova concorrenza editoriale dei siti del web 2.0, insieme con i continui cambiamenti demografici stanno spingendo i quotidiani metropolitani in una spirale di declino da cui pochi emergeranno intatti.  Perché ora? Varie persone hanno predetto per anni, sbagliando, la morte dei giornali. Perché ora dovrebbe essere diverso?  
Il primo decennio del consumatore di Internet era stato molto diverso da quello in cui stiamo entrando ora. Web 1.0 era soprattutto la visualizzazione di Internet. Era un periodo in cui le aziende mettevano i loro depliant online e gli utenti si sentivano contenti all’ idea di un network globale. I motori di ricerca erano rudimentali, il contenuto Web era difficile da creare e la interattività era limitata. I marchi che dominavano in quel periodo pre-web continuavano a estendere il proprio marchio online. Mentre erano poche le nuove fonti di informazione che emergevano: i giganti mediatici come   CNN, The New York Times, The Washington Post e la Associated Presscontinuavano a dominare i media online. Non c’ erano grosse minacce al loro business di base.
E’ tutto cambiato. E’ facile per un individuo creare contenuti web. I costi per le macchine e i collegamenti stanno declinando rapidamente. Il movimento del software open-source ha spinto il costo del software quasi a zero. I motori di ricerca sono diventati un canale di marketing più efficace delle e-mail. Google AdSense e i network associati possono generare delle entrate per chi gestisce i siti  web, anche a basso livello di traffico. Oggi, un gruppetto di persone con poche migliaia di dollari e una buona idea possono costruire un sito che riesce ad autosostenersi nel giro di pochi mesi. Non sarebbe stato possibile cinque anni fa.
Alla base di tutto questo c’ è soprattutto un processo demografico che sta spingendo un ampio e nuovo gruppo di consumatori web-orientati all’ interno della mainstream economia. Questa nuova generazione non resta fedele allo stesso media come succedeva per i loro genitori. E poi non legge proprio i giornali.  

La spirale è cominciata

Dunque la spirale si avvia. Il redditizio settore dei piccoli annunci a pagamento se ne andrà all’ aria in una decina di anni, vittima dei risultati molto migliori che si potranno ottenere con le inserzioni online. La display advertising sarà sottoposta a una fortissima pressione da parte dei media alternativi, inclusi non solo i siti web ma anche una vasta serie di piccole pubblicazioni a stampa e di inserzioni nei supermarket dirette al pubblico locale (anche le pubblicazioni in tipografia stanno diventando molto meno care). Le compagnie telefoniche o i grandi magazzini che sostengono il display advertising dei giornali cominceranno a premere sui giornali per abbassare i loro prezzi.    
I giornali saranno costretti a tagliare il personale per conservare i margini. Tagli nei servizi comporteranno riduzioni della copertura editoriale e questo renderà i giornali meno attraenti per gli abbonati. Più declinerà la diffusione più le tariffe pubblicitarie dovranno scendere per rimanere competitive. Tutto questo inciderà sempre di più sui margini di ricavo, spingendo a nuovi ridimensionamenti, a nuovi tagli dei costi, e quindi a un ulteriore declino della diffusione e a nuovi ritocchi dei ricavi. Una volta che la spirale si avvia, essa accelera con una velocità che lascia senza respiro. E questa spirale è già cominciata.  
L’ esperienza ci ha già più volte mostrato che il modello economico basato su prodotti integrati verticalmente collassa velocemente quando si confronta con una concorrenza aperta, standardizzata e molto meno costosa. E’ successo per l’ elettronica di consumo, le telecomunicazioni, i computer e le sue applicazioni e non c’ è alcuna ragione perché non debba accadere anche con i media. Gli inserzionisti si ribelleranno se devono pagare gli altissimi costi fissati dai giornali quando possono avere la stessa audience con altri canali a una frazione dei costi. 
L’ unico vantaggio che i giornali hanno è il loro legame con i mercati locali. Piccoli negozi che vendono oggettini di alluminio, fiori o servizi di pulizia hanno poche alternative ai giornali per i loro affari. Ma anche questo aspetto è destinato a cambiare. Infatti la diminuzione costante dei costi della della composizione tipografica elettronica e della stampa in offset sta portando a una rinascita di giornali locali e la tecnologia del Web 2.0 sta rendendo molto economico per i singoli cittadini il lancio di siti web personali. I progettisti di motori di ricerca stanno già cercando di immaginare come ricavare soldi dalle ricerche locali. E tutte queste componenti negative stanno convergendo nell’ attacco all’ ultimo bastione dei giornali.    
In 10 anni, probabilmente un terzo dei quotidiani metropolitani saranno spariti. Qualcuno sarà ancora online, mentre altri si fonderanno con i concorrenti regionali. Che cosa li sostituirà? E che cosa sarà il nuovo giornalismo? 

Rinascita

Quello che emergerà dalle macerie dell’ industria dei giornali sarà un fresco, vibrante e molto diverso tipo di giornalismo. Che porterà nello sconforto un sacco di tradizionalisti. Ci costringerà a riesaminare le nostre convinzioni su ogni cosa, dall’ audience alla legge sulla diffamazione. Ma esso alla fine sarà un’ evoluzione della professione verso qualcosa di più ricco, più inclusivo e molto più dinamico di quanto si sia mai visto e conosciuto.   
I giornali a stampa sono modellati sulla base di un quadro di elementi fisicamente obbliganti e dela carenza di spazio: dati che sono irrilevanti e superati nell’ online. Sostanzialmente, l’ informazione era scarsa e la stampa era  la sua conservazione. Nella maggior parte delle aree metropolitane, i giornali sono stati la principale fonte di notizie per molti anni. Ciò imponeva a giornalisti ed editori di fare un serio esame di quello che mettevano in stampa. La grafica, la selezione degli argomenti, la lunghezza degli articoli, la loro posizione e composizione erano delle valutazioni critiche in un mondo a spazio limitato. L’ importanza di un servizio veniva definito dalla sua collocazione nella pagina, dal corpo del titolo e dal numero di colonne.    
Quando una storia era stata stampata, era  per sempre. E questo richiedeva una quasi ossessiva attenzione ai dettagli e al controllo dei fatti. Tutti i dati dovevano essere assemblati prima che la storia venisse scritta. Spesso, più redattori erano incaricati di rivedere e verificare le informazioni contenute nell’ articolo. Se una informazione non poteva essere verificata, non veniva pubblicata.
La struttura era decisiva. Poiché gli articoli venivano tagliati in fondo, i giornali inventarono lo stile di scrittura a ‘’piramide rovesciata’’, in cui le informazioni più importanti venivano piazzate all’ inizio del servizio. E molte ottime informazioni non venivano utilizzate perché non c’ era abbastanza spazio.

La pubblicazione online cambia le regole

Naturalmente, tutto questo è irrilevante online e il nuovo giornalismo si baserà quindi su un set di principi completamente diverso. Qualsiasi articolo può essere velocemente e facilmente aggiornato e corretto. I risultati dei motori di ricerca e i link di riferimento sono le principali guide per i lettori. Il layout è sostanzialmente irrilevante per un sito web. I blog non hanno alcuna gerarchia interna. Le storie possono essere lunghe o corte quanto devono essere, o possono anche essere articolate con più link ad altri contenuti. I servizi possono apparire in più sezioni nello stesso tempo e in forme diverse, a seconda di quali tag vengono loro assegnati. I lettori sono in grado di commentare gli articoli e di lasciare ulteriori contributi. Grafica, audio e video possono essere facilmente collegati al testo. Se qualcosa è sbagliata puoi in ogni momento tornare indietro e correggerla. 
In breve, il mondo online mette in discussione quasi ogni principio dell’ editoria quotidiana. Impone un approccio molto diverso al giornalismo.
Da un lato, il mestiere del giornalismo evolverà fino a includere maggiore aggregazione e organizzazione di quante ce ne fossero in passato. I redattori costruiranno i loro servizi sulla base del vasto numero di fonti che sono su internet. Qualche informazione verrà da giornalisti dipendenti, altre da freelance e ancora di più da studi e opinioni pubblicate da terze parti indipendenti e anche in concorrenza. I redattori avranno ancora un ruolo chiave, ma la loro funzione sempre più decisiva sarà nell’ assemblare e organizzare per i lettori quello che essi non hanno il tempo di scovare nella vastità del web.  
Il mestiere del cronista diventerà più veloce e più iterativo. Voci, speculazioni e informazioni incomplete saranno pubblicate più prontamente, nella certezza che gli errori potranno essere corretti. Le storie, sostanzialmente, saranno costruite in tempo reale e in un processo pubblico. I cronisti metteranno online i loro pezzi direttamente, spesso senza la revisione di un redattore. I lettori saranno la parte centrale del processo visto che potranno correggere e commentare gli articoli a mano a mano che essi prenderanno forma. La cronaca diventerà, in effetti, un processo collettivo.
Questo nuovo modello sarà molto turbolento e controverso. L’ idea che una redazione possa pubblicare informazioni della cui veridicità si è incerti va forse al di là dell’ immaginazione. Il concetto di lettori attivamente coinvolti – che non hanno un legame formale con la redazione – nel processo di copertura di un avvenimento sarà forse troppo duro da accettare per qualche redattore. Ci saranno paure di conseguenze giudiziarie e di controversie. Si andrà verso forti conflitti.    
 Ma è questo il ‘’dove’’ andrà il giornalismo, e questo sta succedendo ora, ogni giorno, sui blog e i media comunitari in tutto il mondo. I loro autori pubblicano informazioni che non sono verificate e possono risultare inattendibili. Lo fanno sapendo che i loro lettori li considerano onesti e che la verità arriverà attraverso un processo di pubblicazione e correzione. Più di mezzo milione di ‘’post’’ vengono pubblicati ogni giorno sui blog e finora non c’ è stata nessuna causa per diffamazione contro di loro che sia andata in porto. La legge sulla diffamazione, dopo tutto, è basata sul principio che ‘’scripta manent’’. Ma niente è permanente sull’ online.

 Il futuro sta prendendo forma

I nuovi modelli di giornalismo sono già sotto test in siti di giornalismo comunitario come   Backfence, iBrattleboro.com, Northwest Voice  e il koreano  OhMyNews.com. Il Washington Post recentemente ha riferito di un esperimento molto interessante compiuto a Fort Myers (Florida). Ma molto seguirà. Molto di più.
 Il giornalismo diventerà molto più locale. Visto che i costi tipografici caleranno verso lo zero e i cittadini avranno sempre maggiore confidenza con i sistemi editoriali, migliaia di ‘’minigiornali’’ formeranno geografie e luoghi differenti. Siti di aggregazione emergeranno per passare al setaccio e organizzare le ricerche e le conversazioni che si svolgono all’ interno di queste piccole comunità. Molti di questi siti coinvolgeranno redattori che conoscono i bisogni della loro audience e che monitoreranno online il loro giudizio.  
Insomma, sarà niente altro che una completa rinascita del giornalismo intorno al concetto che l’ informazione è abbondante e poco costosa. Invece di 1.500 quotidiani a stampa, ci saranno forse da 5 a 10 ‘’supergiornali’’ e molte migliaia di siti d’ informazione di interesse locale o speciale. Il processo sarà sicuramente doloroso e controverso, ma il nuovo modello creerà un paesaggio informativo molto più dinamico e diverso di quanto non abbiamo mai visto. Sarà incredibilmente eccitante. Io spero di essere nei paraggi.
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*Paul Gillin è scrittore e consulente editoriale. Un suo libro sull’ argomento, The New Influencers: A Marketer’s Guide to Social Media, sarà pubblicato da Quill Driver Books nella primavera del 2007.
Il suo blog: http://www.paulgillin.com/
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