Il mestiere, non il lavoro, di giornalista

A margine della vicenda di Daniele Mastrogiacomo, che speriamo si risolva presto e positivamente, ecco un’importante riflessione sul “mestiere non il lavoro” del giornalista. La firma Chiara Lico, giornalista RAI, sul blog di Stampa Alternativa, da cui ne riprendiamo alcuni stralci:
«Il dubbio è che oggi il giornalismo, mestiere affascinante e faticoso sia molto affaticato: sembra che non ce la faccia più a rispondere al suo ruolo. Che stia via via disconoscendo se stesso. Troppo soggiogato alle logiche partitiche, politiche, agli interessi di parte o individuali. Non è una novità. Ormai è un’emergenza. Difficile non ammettere che parte della responsabilità di questo declino appartenga proprio ai giornalisti stessi. Triste dirlo, ma è così. Ammetterlo è fastidioso. Capire invece, da dove nasce questo appiattimento pressoché totale, può essere utile. […]
Ma mentre prima – qualche anno fa – il prezzo da pagare per l’accesso alla professione era tanto olio di gomito e una gavetta pur giusta, adesso è anche quello di una forte ricattabilità. L’alternativa è che al posto di chi si rifiuta c’è subito pronto e disponibile un altro precario. I giovanissimi lo sanno, i capi lo sanno e lo sanno soprattutto gli editori. Sordi di fronte a un contratto alla data di oggi scaduto da 737 giorni. Mai un precedente del genere nella storia del giornalismo italiano. […]
Il problema serio è che chi ha veramente qualcosa da perdere in tutto questo gioco al risparmio sulla pelle degli altri (dei giornalisti: vilipesi e dei lettori: non rispettati) è proprio l’esercito delle nuove leve. Futuri inetti del mondo dell’informazione che pur di tenersi stretto un contratto perdono di vista la spinta motrice che dovrebbe essere alla base delle loro scelte professionali: la libertà».