IL PAVIDO MONDO DEI MEDIA


Basta guardarsi in giro per capire quanto pavidi siano diventati i mezzi d’informazione in questa era di mega media e politica paranoica, dove l’ansia, indotta da pressioni di natura economica, la fa da padrona – Un articolo di Danny Schechter su Znet poposto in traduzione italiana da nuovimondimedia





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Basta guardarsi in giro per capire quanto pavidi siano diventati i mezzi d’informazione in questa era di mega media e politica paranoica, dove l’ansia, indotta da pressioni di natura economica, la fa da padrona nella maggior parte delle redazioni. I direttori dei mezzi d’informazione e i giornalisti sono terrorizzati dall’idea di uscire dal coro, di essere fraintesi, o di essere considerati troppo veementi (ovvero dogmatici).

Come ebbi modo di scoprire durante gli otto anni trascorsi a sgobbare negli studi di ABC News come curatore del programma di approfondimento 20/20, quasi tutti i professionisti del mondo dell’informazione possiedono un radar interno che permette loro di non valicare i limiti imposti da regole, concrete ma non scritte, che stabiliscono fino a dove è consentito spingersi passandola liscia.

Ed è proprio questo radar che genera buona parte di quell’autocensura che genera notizie prive di spessore. Allo stesso tempo, il giornalismo conformista – quello che non è né carne né pesce e che non rischia per non doversi poi scusare – è la strada imboccata da molti. “Riga dritto o quella è la porta” è diventata ormai la prima regola della cultura dell’informazione.
È proprio questo clima che rende praticamente impossibile riuscire a dare vita ad una franca discussione con i propri caporedattori, e l’esperienza del mio collega Rory O’Connor ne è un chiaro esempio. Rory sottopose le domande dei lettori di MediaChannel al presidente della CNN Jon Klein, il quale ne schivò la maggior parte, nascondendosi dietro trite banalità del tipo “quel che conta sono i fatti e l’obiettività”.

Esiste inoltre il timore che se ti viene in mente di alzare la testa per dire la tua, te la facciano saltare; che è poi quanto successo ad Ashleigh Banfield di MSNBC, quando, nel corso di una conferenza universitaria, osò avanzare l’idea secondo la quale i servizi sulla guerra in Iraq fossero edulcorati. NBC non le rinnovò il contratto. Sono molti gli autorevoli giornalisti ad essere stati puniti per i loro sbagli, indiscrezioni e pasticci di scarsa importanza.

Ciò può accadere sia a giornalisti di destra sia a quelli che si schierano contro la guerra. Il Guardian scrive: “Un circuito radiofonico Usa ha licenziato un conduttore di talk show protagonista di un insulto razziale nei confronti del Segretario di Stato americano Condoleeza Rice. Dave Lenihan, presentatore di Radio KTRS di Saint Louis, nel Missouri, ha fatto una gaffe clamorosa pronunciando in una diretta radio la parola negro, mentre sosteneva animatamente che la Rice sarebbe dovuta diventare il futuro presidente della National Football League”.
Le parole esatte di Lenihan erano state: “Dimostra di avere profonde capacità, ama il football ed è afro-americana, il che vuol dire che li farà tutti neri”, per poi aggiungere: “Oddio, mi dispiace immensamente, non volevo dire quello”. Più tardi, in un canale di news locale, spiegò che in realtà aveva voluto dire che li avrebbe battuti tutti. Tim Dorsey, direttore generale di Radio KTRS, si scusò con la Rice e con gli ascoltatori, aggiungendo: “Si è trattato di una spiacevolissima osservazione offensiva. Non ci sono scusanti per quanto è stato detto”. Essendo io un ex giornalista radiofonico cui a volte è capitato di fare gaffe, sono disposto a credere che le scuse di Lenihan fossero sincere – tuttavia, in un’era di correttezza politica e patriottica c’è poca tolleranza per lapsus che rischiano di essere interpretati come offese (a meno che a farli non sia Bill O’Reilly, l’equivalente americano di Luca Giurato). (…)
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L’ articolo completo è qui: http://www.nuovimondimedia.com/sitonew/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=1888

Danny Schechter è direttore di Mediachannel.org. I suoi ultimi libri sono ‘When News Lies’ e ‘The Death of Media’; il suo film più recente è ‘Weapons of Mass Deception’.

 Fonte: http://www.zmag.org/Sustainers/Content/2006-04/07schechter.cfm

Traduzione a cura di Margherita Comiotto, Vanessa Dal Molin, Michela Dalle Molle, Lara Nussio e Sabrina Segato (Scuola Superiore per Mediatori Linguistici di Vicenza)