FALSE NOTIZIE E ALTRE DISGRAZIE SOCIALI

Su Znet.it una intervista a Noam Chomsky sul sistema dell’ informazione – Uno dei segni del declino del mercato -dice- è la pubblicità:‘’Se c’ è un vero mercato tu non pubblicizzi, offri solamente informazioni’’
‘’Prendi il New York Times per esempio. Loro hanno qualcosa che chiamano il “buco per le notizie”. Quando i redattori devono impaginare il giornale di domani, la prima cosa che fanno tra le tante cose importanti è sistemare le inserzioni pubblicitarie. Poi rimane un piccolo spazio chiamato “il buco per le notizie”, e lo riempiono di piccole cose. Da questo si capisce come i media siano solo grandi società private che chiaramente rappresentano gli interessi dei loro proprietari, dei loro mercati, dei quali sono inserzionisti; e per quanto riguarda i giornali dell’elite, più o meno la classe manageriale, la popolazione ben educata con cui fanno affari. Il risultato che si ottiene è la prospettiva veramente limitata di come il mondo realmente 蒒.

E’ Noam Chomsky che parla in una intervista di qualche giorno fa alla trasmissione No One’s Listening, di cui ZNet.it ha curato la traduzione col titolo ‘’ Sulle false notizie e altre disgrazie sociali’’ (l’ intervista è qui).

Nella conversazione Chomsky analizza per grandi linee il mondo dei media contemporaneo dando conto del suo completo rovesciamento.

‘’Nell’ industria – spiega – quando hanno un’ora di programma, qualunque cosa sia, uno show di poliziotti, un telefilm, qualsiasi cosa, abbiamo quello che è chiamato “soggetto” e “ripieno”. Il soggetto è la pubblicità. Il ripieno è l’inseguimento d’auto, la scena di sesso o altro, che si suppone possa tenerti attento tra uno spot e l’altro’’.

Ma secondo Chomsky, l’alternativa c’è, ‘’non è impensabile’’.

‘’L’ altermativa dovrebbe essere la stampa libera. Non è difficile da immaginare, ce n’ era una nella metà del diciannovesimo secolo. Vorrebbe dire una stampa che non dipende dalla concentrazione massiccia del capitale, dal controllo delle multinazionali, che non lega i suoi introiti alla pubblicità e che dovrebbe coinvolgere persone interessate a comprendere il mondo e a partecipare in ragionevoli discussioni su come dovrebbe essere. Credo non sia impensabile’’.