CORSA AI TABLOID: LE SFIDE DEL ”GRANDE PASSAGGIO”



Dal 27 al 29 marzo si terrà a St Petersburg (Usa) una Conferenza internazionale sui tabloid (World tabloid conference) e sul tumultuoso passaggio di molti giornali ai formati più piccoli – Sulle sfide di questo “Grande Passaggio” pubblichiamo un articolo di Roy Peter Clark, un commentatore del Poynter Institute e organizzatore dell’ incontro

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di Roy Peter Clark

Se fossi l’editore o il direttore di un quotidiano di formato tradizionale in qualsiasi angolo degli Stati Uniti, farei molta attenzione ad una forte tendenza che sta riguardando il futuro della stampa ormai in ogni parte del mondo: i grandi giornali si stanno convertendo in formati più piccoli.

Le dimensioni contano. Ma un unico formato non è adatto a tutti. Eppure la tendenza è: sempre più piccolo, più piccolo, più piccolo. Guardateli ridursi dai 54 pollici ai 50 pollici del formato web; dal formato tradizionale a quello che in Europa viene chiamato “compatto”: dal «super tabloid», conosciuto come il Berliner, giù fino al tabloid tradizionale.

In paesi come la Gran Bretagna e l’Olanda, le conversioni di formato stanno spuntando da tutte le parti. In Polonia e Sudafrica i tabloid selvaggi stanno testando i loro confini e costruendo un pubblico di lettori con una energia incontenibile.

E mentre la parola tabloid spesso è segno di sensazionalismo, celebrità, sessualità, alcuni dei quotidiani più tradizionali e storici del mondo hanno scambiato la loro uniforme formale per la minigonna.

Sotto la leadership grafica di Mario Garcia, l’edizione europea del Wall Street Journal è ora un tabloid. Mario, mio collega di Poynter da lungo tempo, ha aiutato a portare avanti queste conversioni in più di venti quotidiani nel mondo .

Che cosa significa tutto questo specialmente per i quotidiani americani preoccupati del loro futuro? La risposta è così complicata che Mario e io abbiamo deciso che merita un evento: la Conferenza mondiale dei tabloid, dal 27 al 29 marzo, a St. Petersburg. A questo incontro, direttori di giornali provenienti da quattro continenti descriveranno i metodi e le sfide del “Grande Passaggio”.

Prendendo spunto dalla nostra preparazione per questa conferenza ecco alcuni risultati preliminari:

1. Gi Stati Uniti non sono l’Europa (ricordate il 1776?). Molti fattori che favoriscono la diffusione dei tabloid nei paesi come la Gran Bretagna e l’Olanda non funzionano alla stessa maniera altrove. Negli Stati Uniti è centrale la spedizione a casa, non le vendite per strada. Il ruolo del trasporto pesante è diverso nella nostra cultura. Gli inserzionisti in America potrebbero non volere i nostri costosi annunci inseriti maldestramente dentro i tabloid.

2. Anche la stampa che sceglie di conservare il formato tradizionale deve fare attenzione alla nuova cultura dei tabloid. Mai come ora i giornali stanno infatti creando pubblicazioni di nicchia, specialmente per i lettori più giovani, in formato tabloid. I formati tradizionali inoltre stanno competendo più spesso con la free press e con giornali alternativi ed etnici.

3. I giornali con formato tradizionale devono abbracciare lo spirito dei tabloid. I giornali spesso scoprono che, insieme al formato, cambia tutto: il valore delle notizie, il contenuto, il design, la fotografia, la pubblicità, il marketing, le forme di racconto, la scrittura e il pubblico. Senza abbassare i loro standard bisogna studiare a adattare alcuni dei migliori effetti dei tabloid: la scrittura concisa, i grandi titoli, i collegamenti con la cultura giovanile, lo spazio dedicato agli sport, una voce editoriale vivace.

4. Abbracciare lo spirito del giornale compatto non dovrebbe richiedere un “com-patto” con il diavolo. Raccogliere lo spirito dei tabloid non esige che i formati tradizionali si spoglino dei vestiti del monaco per indossare quelli della prostituta. I tabloid seri, inclusi Newsday e The Christian Science Monitor, esistono ovunque, e a volte danzano il valzer così che nessuno possa vedere il jazz.

Dopo la conferenza di Marzo ne sapremo di più e saremo in grado di condividere più punti di vista sui giornali di tutto il mondo.

La mia passione per l’argomento è nata molto presto, mentre crescevo, tra gli anni Cinquanta e i Sessanta, appena fuori New York. Mio padre portava a casa ogni giorno almeno due tabloid. Io amavo il losco – tutte le storie a proposito di assassini, dei “signori del sottosuolo”, fino ai titoli sparati nella tradizione di “uomo senza testa trovato nel topless bar”. Le storie della città, la scrittura sportiva vivace, le voci delle persone, le foto delle stelline – tutto questo ha ravvivato l’immaginazione di un giovane uomo e ha contribuito a creare quello che è diventato un amante del giornalismo.

Perciò, vi raccomando, convertitevi. O almeno coglietene lo spirito.

(traduzione di Maria Itri)