WSIS: LA MONTAGNA HA PARTORITO UN TOPOLINO


Un generico impegno,ma nessuno stanziamento concreto per colmare il gap digitale tra Nord e Sud del mondo.
Mentre nessun passo avanti è stato fatto sul fronte di chi gestirà il futuro di Internet.

Questo l’esito del summit sulla “Società dell’informazione”, che per 3 giorni ha visto a Tunisi delegati di 176 Paesi. Il vertice riafferma la validità dei punti delineati a Ginevra due anni fa, ma non mette in campo gli strumenti per ottenere i risultati auspicati.

Il Fondo di solidarietà volontario, destinato a finanziare progetti in Paesi emergenti, ha raccolto ad esempio solo 8 milioni di dollari.

Sul controllo di Internet, poi, la montagna partorisce un topolino: l’ ONU decide di non decidere e la gestione della rete rimane sostanzialmente nelle mani degli Usa.
L’unico punto su cui si è trovato un accordo è l’istituzione dell’Internet Governance Forum che l’anno prossimo, sotto l’egida dell’ONU, si riunirà per la prima volta. Si occuperà di tutti i fronti caldi delle nuove tecnologie: dal crimine informatico allo spam, dal digital divide alla sicurezza informatica. Sarà, però, un organismo internazionale a carattere consultivo, quindi privo di poteri decisionali.

È l’americana Icann la struttura unica che gestisce gli indirizzi e i domini. Senza di esso la Rete non potrebbe funzionare. Il rappresentante degli Usa al forum di Tunisi, il sottosegretario al commercio Michael Gallagher, sostiene che finora internet ha funzionato benissimo e “non ha senso affidare la guida di una locomotiva a cento macchinisti diversi”.

Il rischio paventato da Gallagher, è che, delegando all’ONU il controllo del Web, paesi come Cina e Iran (che “imprigionano chi esprime libere opinioni online”) abbiano lo stesso peso degli altri paesi democratici. Meglio, dunque, mantenere lo status quo.

“I governi non devono controllare la rete”. Questo è il pensiero che Lucio Stanca, Ministro dell’Innovazione e rappresentante del Governo italiano, aveva espresso alla vigilia del summit di Tunisi. È opportuno ricordare, invece, che l’Icann, pur essendo una società privata, è sotto il diretto controllo del Ministero del Commercio Usa e, quindi, del Governo.

Che l’Icann abbia un potere strategico è indubbio: l’International Herald Tribune ha ricordato che nel 2004 l’organismo ha bloccato per cinque giorni tutti i domini internet (e-mail incluse) con suffisso .ly, proveniente dalla Libia. E’ bastato questo per isolare in modo consistente il paese dal resto del mondo commerciale e dell’informazione.

Quanto al digital divide, il Summit ha adottato una agenda
(Agenda di Tunisi) che prevede una strategia per colmare il gap, ma
nessun impegno hanno voluto prendere i ”ricchi” a contribuire al Fondo di solidarieta’
digitale lanciato a Ginevra
nel 2003 in occasione della prima fase del summit dal presidente
senegalese Abdoulaye Wade, il quale si e’ comunque rallegrato
che a Tunisi l’Africa abbia potuto ”prendere il treno”,
affermando che ”anche se sul vagone di coda, e’ meglio di
niente”.

L’accesso ad Internet e alle tecnologie dell’informazione, e
allo sviluppo sociale, economico e culturale che ne consegue, e’
ancora un sogno per oltre l’80% della popolazione mondiale e
Wade ha detto di riporre molte speranze nel pc a 100 dollari
destinato ai bambini dei paesi in via di sviluppo inventato da
Nicholas Negroponte, che lo ha presentato al Smsi assieme al
segretario generale dell’Onu Kofi Annan. Ma la strada da fare e’
ancora lunga per arrivare ad una riduzione dei costi delle Ict-
che secondo Annan dipende solo dalla volonta’ politica dei paesi
industrializzati- perche’ gli 800.000 villaggi che ancora
mancano all’appello possano entrare a far parte del ”villaggio
planetario dell’informazione” entro il 2015 come auspica il
segretario generale dell’Onu.

Il Wsis si è chiuso anche con una durissima presa di posizione di Amnesty international, che mette in dubbio la legittimità dell’ Onu come organizzatore del summit e secondo cui ”un vertice che ci svolge in queste condizioni non ha ragione di tenersi”

”Disinformazione, censura, repressione e indignazione sono
le parole che mi sono rimaste in mente dopo aver partecipato
come rappresentante della societa’ civile al vertice”, ha
dichiarato il capo della delegazione di Amnesty Javier Zuniga in
una conferenza stampa.

”Un vertice che ci svolge in queste condizioni non ha
ragione di tenersi”, ha dichiarato Zuniga all’indomani della
chiusura del vertice.

Amnesty chiama in causa ”la legittimita’ dell’Onu” come
organizzatore del vertice e chiede alle Nazioni Unite di
”organizzare un’inchiesta sulle restrizioni imposte alla
societa’ civile prima e durante il vertice e di pubblicarne i
risultati”.

Zuniga ha insistito sulla necessita’ di ”garantire in futuro
la piena partecipazione e protezione dei militanti della
societa’ civile in vertici simili”.

(Gaetano Mancarella, ansa, afp)