TURCHIA: CRESCONO I PROCESSI CONTRO GIORNALISTI E SCRITTORI


Nuove polemiche sulla questione dell’ingresso della Turchia nell’Unione europea: al centro del dibattito ancora una volta il delicato tema dei diritti umani – Cinque giornalisti incriminati per i loro commenti sul massacro degli armeni.

ANKARA – Cinque giornalisti turchi sono stati incriminati per commenti da loro fatti a proposito di
una conferenza sui massacri di armeni durante la prima guerra
mondiale.
I cinque noti editorialisti rischiano condanne tra i sei mesi
e i 12 anni se saranno riconosciuti colpevoli di ”cercare di
influenzare il processo giudiziario” e ”insultare organi
giudiziari dello Stato”, hanno riferito oggi i media turchi.
Quattro dei cinque giornalisti sono stati incriminati in base
all’articolo 301 del codice penale, lo stesso per cui viene
perseguito il famoso scrittore Orhan Pamuk, e che stabilisce che
e’ reato insultare istituzioni dello stato o la ”turchita’ ”.
L’inizio del processo dei giornalisti e’ stato fissato per il
7 febbraio prossimo. Quattro di loro lavorano per il giornale
liberale Radikal e il quinto per il centrista Milliyet. Tutti e
cinque avevano criticato i tentativi di magistrati e avvocati
nazionalisti di far proibire a settembre una conferenza in due
universita’ di Istanbul dedicata al massacro degli armeni da
parte delle forze turche 90 anni fa. Con forte imbarazzo del
governo filo-Unione europea la conferenza era stata bloccata su
richiesta della procura, ma il divieto era stato aggirato
facendola svolgere in una terza universita’.
La questione degli armeni e’ un tema molto sensibile in
Turchia, con Ankara che ha sempre negato che le forze ottomane
abbiano perpetrato un genocidio ma, sotto le pressioni dell’Ue,
ha chiesto agli storici di dibattere il tema (ansa-reuters).

Secondo il Comitato di Pen International, le modifiche al Codice penale promulgato lo scorso giugno non hanno diminuito il numero delle cause intentate contro intellettuali, scrittori e giornalisti, ma lo hanno al contrario aumentato anche grazie all’articolo 301, che persegue chi offende l’esercito e lo Stato. Pena prevista in questi casi, da sei mesi a tre anni di detenzione

Tra i perseguitati illustri lo scrittore Orhan Pamuk (qui) che il prossimo 16 dicembre dovrà rispondere di alcune dichiarazioni rilasciate nel febbraio scorso ad un reporter svizzero. «Trentamila curdi e un milione di armeni sono stati uccisi senza che nessuno, escluso me, ne abbia fatto parola» ha dichiarato Pamuk.

Stesso capo d’accusa per Fatih Tas, (qui) proprietario della casa editrice « Aram », per aver pubblicato una edizione turca del libro «Spoils of War: The Human Cost of America’s Arms Trade », che lascia trapelare l’ombra dello sterminio dei curdi ad opera del governo turco.

Sul fronte della stampa, il giornalista Hrant Dink è stato condannato a sei mesi di reclusione per avere minato l’identità turca nei media. Secondo il racconto del Comitato per la protezione dei giornalisti, come caporedattore della rivista turco-armena «Agos» Dink ha scritto nel 2004 una serie di articoli sulla memoria collettiva del massacro degli armeni del 1915-17, invitandoli a rivolgersi alla prospettiva di una Armenia indipendente.

Episodio significativo, se l’Unione Europea ha chiesto come condizione di accesso il riconoscimento del genocidio commesso nell’impero ottomano all’inizio del secolo scorso. Sono circa 60 a rischiare oggi l’incriminazione per ciò che hanno scritto o pubblicato. La strada che porta all’adesione alla Ue sembra essere ancora molto lunga.