Venezuela: lotta di classe in redazione. Giornalismo e informazione fra Chavez e i media “golpisti”


Libertà di stampa e diritto all’informazione

Libertà di espressione e diritto all’informazione: sono i due poli intorno a cui si è snodato il durissimo conflitto che negli ultimi tre anni si è svolto in Venezuela fra il mondo dei media commerciali e il variegato schieramento che fa capo o appoggia il presidente Chavez. A Caracas l’informazione è stata – ed è tuttora – il principale terreno pubblico della lotta per il potere e il teatro in cui è andato anche in scena un durissimo scontro fra due diverse concezioni della democrazia.

Un conflitto che ha fatto diventare i giornalisti di quel paese – i giornalisti medi, normali, quelli che vogliono fare il loro lavoro per bene e hanno ancora un senso della dignità professionale – carne da macello , come ha confessato di sentirsi uno di loro a un ricercatore del CPJ.

Dietro le misure politiche che Chavez ha preso nei suoi primi anni di governo – soprattutto quelle relative alla proprietà della terra e al controllo dell’industria petrolifera pubblica – per mettere in moto “el proceso” , come i chavisti chiamano la Rivoluzione bolivariana (circa l’ 80% dei 24 milioni di venezuelani sono sotto o vicini alla soglia della povertà), preme infatti una concezione radicale della democrazia, che privilegia i contenuti rispetto alle forme e, sul piano dell’informazione, fa prevalere i diritti dei cittadini rispetto alle libertà dei singoli e del “mercato”.

Quella chavista pretende di essere una democrazia partecipativa , che si afferma dal basso attraverso strumenti e organizzazioni popolari – i circoli bolivariani – travalicando la mediazione tradizionale dei vecchi partiti. È un orizzonte analogo a quello in cui si muovono Lula o Kirchner, che, anche se in chiave rivisitata e apertamente più “di sinistra”, affonda comunque le sue radici nella tradizione populista dell’America latina e mostra di avere ancora grande presa sulle masse popolari , che si sentono protagoniste dell’agenda politica.

Il dibattito sulla natura della democrazia investe direttamente il ruolo dell’informazione: non a caso il confronto politico più acceso in Venezuela si svolge attorno alla cosiddetta Ley de contenido , una legge che punta a regolamentare i contenuti delle trasmissioni televisive a difesa del mondo infantile, ma che i grandi gruppi editoriali del paese ritengono sia una “legge bavaglio”.

È un dibattito di stringente attualità anche per le cosiddette “democrazie avanzate”. Basti pensare al peso che le questioni dell’ informazione hanno nel nostro paese.

In più, per quanto riguarda gli addetti ai lavori, gli avvenimenti del Venezuela stimolano anche una riflessione sul ruolo delle organizzazioni internazionali che si battono per la libertà di stampa. Seguendo una linea che a volte – come è accaduto per Caracas – le portano ad appiattirsi unicamente nella difesa della libertà di impresa giornalistica e a trovarsi schierati sullo stesso fronte con i padroni della stampa e della tv commerciali, ritenuti golpisti e antidemocratici.

Sarebbe il caso di chiedersi: certo, è fondamentale battersi per la libertà di stampa. Ma il diritto all’informazione? E, in questo quadro, quale deve essere il ruolo delle organizzazioni professionali e sindacali dei giornalisti?

Questo Dossier, oltre a documentare il conflitto che si è svolto fra informazione privata e movimento chavista a Caracas, intende aprire una linea di ricerca che, nell’ analisi delle situazioni dei vari paesi, insieme alle questioni della libertà di stampa affronti anche il problema del diritto all’ informazione – e a quale informazione – per i cittadini. E, naturalmente, le implicazioni che questo profilo comporta per la professione del giornalista.

Pino Rea

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Il Dossier è consultabile qui.